VALENTINA TARANTINO
Cultura e Spettacoli

La giudice-scrittrice: cerco la persona oltre il reato

Un giallo intenso, capace di toccare sentimenti e temi sociali dimenticati con un velo di ironia, che l’autrice definisce...

Barbara Perna è giudice a Roma

Barbara Perna è giudice a Roma

Un giallo intenso, capace di toccare sentimenti e temi sociali dimenticati con un velo di ironia, che l’autrice definisce "un balsamo contro la sofferenza". “Se tu non ridi più”, edito da Bompiani, è il nuovo romanzo di Barbara Perna, giudice al Tribunale di Roma, che l’ha presentato a Milano alla Libreria Mamì. Dopo la trilogia di Annabella Abbondante, qui entra in azione un’altra investigatrice: Amalia Carotenuto.

C’è qualcosa che lega queste due donne? "Anzitutto l’essere parto della mia sensibilità. È il mio quarto romanzo e tendo ancora a voler dire qualcosa di me tramite quello che scrivo. Più avanti, forse, arriverò a raccontare soggetti completamente diversi e distanti dal mio modo di essere, ma per il momento trasferisco la mia visione del mondo alle protagoniste. Quindi entrambe condividono la mia prospettiva, unita a una volontà di ricerca della giustizia e della verità. Le accomuna anche la forza con cui affrontano che il destino mette loro di fronte. Caratterialmente, però, non potrebbero essere più diverse: Annabella è estroversa e, nonostante tutto, prende la vita di petto. Lia invece, anche a causa del trauma che ha subito, tende a chiudersi e tenere per sé il suo dolore".

Lei è un magistrato. Perché ha deciso di intraprendere anche la carriera di scrittrice? "Per me scrivere è dar sfogo alla creatività. Ho sempre coltivato una vena artistica: da ragazzina suonavo, scrivevo poesie, recitavo. Poi la vita professionale mi ha portata altrove e oggi sono un magistrato appassionato e che crede molto nel suo mestiere. Ma la voglia di creare qualcosa di originale è rimasta, sfociando nella scrittura durante la pandemia. Soprattutto in quel momento, scrivere è stata la mia ancora di salvezza, oltre che un modo di raccontare il mio lavoro in maniera diversa: più leggera, ma non superficiale".

Il titolo di questo romanzo è una citazione della Medea di Euripide. Come mai? "Ho frequentato il liceo classico e ho un ricordo vividissimo delle tragedie di Euripide. Per me è impossibile dimenticarne i protagonisti e, tra questi, Medea. Lei in particolare, si lega a questo mio ultimo romanzo perché è un personaggio controverso, capace di scelte non convenzionali. Anche io ho fatto diverse scelte narrative scomode, ad esempio adottando il punto di vista dell’assassino o, perlomeno, cercando di scoprire la persona oltre il reato. Ma anche interrogandomi sul dolore provato dai familiari dell’assassino, tanto più inconsolabile quanto meno socialmente riconosciuto e validato. Medea ritorna in quanto modello archetipico dell’individuo che compie gesti deplorevoli ma sul quale, forse, ci si interroga troppo poco".

Un altro tema che attraversa la narrazione è il carcere quale luogo di redenzione, non solo di detenzione. "Secondo la nostra Costituzione lo scopo della pena non dovrebbe essere afflittivo, bensì funzionale al recupero del soggetto che la subisce. Troppo spesso, questo non corrisponde alla realtà. Mi sono documentata e confrontata con colleghi che conoscono molto bene la realtà del carcere e ho avuto la conferma che, attualmente, è difficile immaginare, in quel contesto, un reale recupero. Anche in questo caso, però, la mia scelta narrativa è stata complicata. La prima a non credere più nella possibilità, per i detenuti, di rinascere è proprio Amalia – che, per quanto abbia ormai sostituito l’insegnamento universitario all’esercizio della professione forense, resta un avvocato. In generale, si tratta di un tema che mi sta molto a cuore e che, se avrò la possibilità, mi piacerebbe approfondire in un prossimo romanzo".

Valentina Tarantino