Lou Salomé, donna del ’900. Una vita tra amori e pensiero

Una donna, una donna “fatale”, ha attraversato come una folgore la cultura europea tra la seconda metà dell’Ottocento ed i primi trent’anni del Novecento di GENNARO MALGIERI

Milano, 26 febbraio 2016 - Una donna, una donna “fatale”, ha attraversato come una folgore la cultura europea tra la seconda metà dell’Ottocento ed i primi trent’anni del Novecento. Lou Salomé (1861-1937), musa ispiratrice, seduttrice vorace, intellettuale raffinata, ammaliatrice di uomini e donne ha legato il suo nome e la sua storia a coloro che vennero a contatto con lei. Friedrich Nietzsche, primo fra tutti, amato/detestato, cercato/ripudiato, blandito/allontanato. Ammirato, comunque, platealmente ed inconsciamente. Ma l’inappagato amore tra i due restò e resta un enigma che neppure Freud, altro nume soggiogato dalla bella ed intelligentissima russa-tedesca, riuscì a decifrare. E poi tanti altri, tra amore carnale e spirituale, si contesero brandelli della sua anima e del suo pensiero, da Paul Rée a Friedrich Carl Andreas, il solo legittimo marito, a Rainer Maria Rilke con il quale il furore dei sensi ebbe la sua più piena esplosione, a molti altri “minori” che le diedero affetto sensuale ed intellettuale cui lei corrispose talvolta con generosità, talaltro con cinismo.

Ma è innegabile, comunque la sia voglia leggere, che la vicenda umana di Lou fu strepitosa, vitalissima, annichilente per coloro i quali se invaghirono pur sapendo di non essere corrisposti. Negli uomini cercò il segreto della loro intelligenza, come peraltro nelle molte donne che le furono amiche, ma in qualcuno in particolare tentò, forse senza riuscirci a appieno, di penetrare i recessi più inaccessibili del loro spirito. Il rapporto con Nietzsche fu di questa specie. E lo si comprende centellinando le pagine della sua autobiografia che Castelvecchi ha meritoriamente rimandato in libreria, dopo decenni dalla prima edizione italiana. In esse Lou ammette di non poter dare al filosofo ciò che lui si aspetta, ma neppure può fare a meno della sua dolcezza, né del tormento nel quale si radica la prefigurazione di Zarathustra. Solo lei poteva scrivere in una lettera a Paul Rèe, nell’agosto del 1882, parole che sarebbe state confermate dai fatti molti anni dopo: “Credo che assisteremo alla trasformazione di Nietzsche in profeta di una nuova religione, e sarà una religione che farà degli eroi i suoi apostoli”.

Aveva visto giusto, la giovane girovaga che lasciava nei circoli letterari europei il profumo della sua avidità di sapere. E con Nietzsche sbagliò molte cose, ma non nel giudicarlo. Le sue memorie sanno di giustificazione, eppure rivelano un rimpianto (e non solo nei confronti di Nietzsche) che fino alla fine della sua vita ha coltivato quasi amorevolmente. Rimpianto (forse) per il precoce abbandono di Dio, per una sessualità coltivata tra travagli innumerevoli, per l’assenza di un vero amore sul limitare della sua avventura terrena. Né il giovanissimo Rilke, né il maturo Andreas, da quanto si capisce, colmarono il suo disperato bisogno d’amore, sublimato in esperienze intellettuali alle quali deve la sua fama ed il ricordo di un’esistenza che continua a porre interrogativi.

LOU ANDREAS-SALOMÉ, Ricordando la mia vita, Castelvecchi