James Morrison in concerto all'Alcatraz: ecco il mio ritorno

Appuntamento questa sera sul palco del locale di via Valtellina con le suggestioni dell’ultima fatica in studio “Higher than here” arrivata sul mercato lo scorso autunno dopo quattro anni di lontananza dalle hit-parade di ANDREA SPINELLI

James Morrison in concerto sul palco dell’Alcatraz

Milano, 26 aprile 2016 - La fama può attendere. È ormai da un decennio, da quando “You give me something” lo impose nelle classifiche di tutto il mondo, che James Morrison dribbla l’idea di sentirsi una popstar preferendo indossare i panni più confortevoli del debuttante di talento. Quattro milioni di album venduti, quattro tour mondiali, un Brit Award conquistato a 22 anni come miglior artista maschile d’oltre Manica, non sono bastati a fargli cambiare idea. E anche oggi, che di anni ne ha 31, James Morrison Catchpole torna all’Alcatraz con la voglia di sorprendere che aveva ai tempi di “Wonderful world” e di “Undiscovered”. Appuntamento questa sera sul palco del locale di via Valtellina con le suggestioni dell’ultima fatica in studio “Higher than here” arrivata sul mercato lo scorso autunno dopo quattro anni di lontananza dalle hit-parade.

«Ho avuto una bambina, Elsie, che adesso ha tre anni, e mi è sembrato giusto rimanere in famiglia per dedicare a lei e a mia moglie Gill tutto il tempo possibile», spiega l’autore di “Demons”, nato a Rugby, nella contea del Warwickshire, ma trasferitosi in Cornovaglia da adolescente. «Debbo dire che non m’è dispiaciuto per niente riprendermi la mia vita, la mia quotidianità, e ricordarmi chi sono anche senza la musica». Un marziano per questi tempi mordi e fuggi, in cui i sogni d’hit-parade svaniscono nell’arco di pochi mesi e perdere il tempo significa nella maggior parte dei casi rimanere indietro, come prontamente sperimentato da Morrison con l’avvento in classifica dei vari Ed Sheeran, George Ezra, Sam Smith, Hozier o James Bay che non a caso l’annoverano tutti tra le loro fonti d’ispirazione.

I “demoni” della canzone sono quelli che gli ha lasciato dentro suo padre, morto d’infarto nel 2010 dopo una lunga dipendenza dall’alcol e dalla depressione. «Il motivo della mia vita lineare è dovuto al fatto che di incubi mi bastano quelli con cui ha combattuto lui», spiega il cantante inglese, che nell’arco di pochi anni s’è trovato a dire addio pure al fratello Alexis e al nipote Callum. «Tutte queste perdite hanno rappresentato uno strappo dolorosissimo e al tempo stesso fortificante, costringendomi a vincere il lato debole del mio carattere. Suppongo di avere un ego d’artista e c’è una parte di me che spinge perché diventi un leggenda e venga ricordato come un grande interprete. Ma non ho fretta. Per ora basta il calore della mia famiglia e la felicità di sentirmi in pace con me stesso. Prima non era così, ora le cose sono cambiate».