
Il regista Giacomo Arrigoni
Milano, 1 settembre 2017 - Otto puntate da otto minuti ciascuna, che prendono spunto da fatti di cronaca realmente accaduti e con i social network pronti a calcare la scena per arrivare, con forza, ai nativi digitali. Nasce la webserie contro il cyberbullismo, si chiama #Goldfish. Alla regia il cineasta milanese Giacomo Arrigoni, già premiato al Bright Minds Film Festival di Miami e al festival di Houston con “La Regola del Piombo”, “The Rule of Lead”. L’ultima avventura guarda alla rete, uscirà in autunno, sul canale gratuito Dplay di Discovery Italia. Protagonista la giovane Sofia Panizzi, volto già noto nella famiglia de “I Cesaroni” e nella serie tivù “Che Dio ci aiuti”.
Dai bambini fantasma di “The Rule of Lead” alle vittime del bullismo. Arrigoni, come nasce “#Goldfish”?
«In realtà in maniera molto indipendente, quei bambini oggi sono cresciuti, sono diciottenni alle prese con i social network. Mentre lavoravo a “La Regola del Piombo” leggevo articoli, fatti di cronaca realmente accaduti con storie molto forti, e gli episodi sono cresciuti. Ho mescolato storie vere con elementi di finzione, cercando di renderle più universali possibili, così come le location: una scuola, una discoteca, che possono essere ovunque».
C’è la cronaca, è un thriller ed è anche uno school-movie…
«La struttura narrativa è ispirata alla serie televisiva “Lost”, con tanti flashback, e richiama al contempo Agatha Christie: c’è un enigma da risolvere. Anche i social network entrano in scena».
In che senso?
«Chat e messaggi vocali fanno parte della messa in scena stessa. Il target di riferimento è quello dei teenager, dei giovani nativi digitali che sanno usare lo smartphone più degli adulti: lo storytelling dei social network non poteva non entrare a far parte della narrazione. Ci sono contenuti testuali, ho utilizzato riprese in verticale e c’è il concetto dei “boomerang” su Instagram (brevi video che vengono inviati e tornano indietro, ndr). Ci rivolgiamo ai giovani, ma tutti siamo coinvolti e quindi vogliamo arrivare anche agli adulti e ai genitori, che cercano un modo di comunicare con i figli».
Qual è il suo rapporto con i social?
«Li uso parecchio, per lavoro, ma non come i ragazzi di oggi. Sul set è capitato spesso di chiedere loro di farmi vedere alcuni utilizzi e ho lasciato molta libertà: hanno avuto 20 giorni di preparazione per creare contenuti che si riferissero al proprio personaggio, da poter inserire poi nella serie».
Anche il cast è stato scelto sulla rete?
«Il casting è durato diversi mesi ed è partito online, aperto a tutti. L’ho lanciato su Facebook, sulle piattaforme. Ho scelto ragazzi che hanno già avuto esperienze diverse come attori e fra loro c’è Sofia Panizzi».
Avete presentato la webserie insieme al Giffoni.
«È stato molto bello creare con i ragazzi il primo contatto, vedere la loro reazione al lancio del promo di due minuti. È difficile trovare un mezzo per parlare ai giovani col loro stesso linguaggio e che concentri l’attenzione in pochi minuti».
Il tema del cyberbullismo riguarda tutti da vicino.
«Gli episodi si ripetono, non solo fra ragazzi giovanissimi ma anche fra trentenni. Ho partecipato a diversi convegni sul cyberbullismo, analizzato ricerche e dati reali, studi di psicologi e sociologi. Solo dopo essermi documentato ho cercato di creare il personaggio della vittima, che fosse di finzione, sì, ma che avesse in sé tutte le caratteristiche, per permettere a tutti di identificarsi».