DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Da Zelig a YouTube fino al teatro: Balasso e il successo per caso

L’attore all’Elfo da giovedì 26 con «Smith & Wesson» su testi di Baricco

Natalino Balasso in scena nello spettacolo ambientato alle cascate

Milano, 26 gennaio 2017- Due uomini in attesa. Sulle cascate del Niagara. Che ognuno ha il proprio Godot. In questo caso una giornalista mezza pazza: si è messa in testa di diventare famosa lanciandosi giù in una botte di legno. Il resto è storia. Questo il cuore di «Smith & Wesson», da stasera all’Elfo Puccini, commedia scritta da Alessandro Baricco per la regia di Gabriele Vacis, con protagonisti Natalino Balasso e Fausto Russo Alesi: la strana coppia. Con loro Camilla Nigro e Mariella Fabbris, quest’ultima nei panni della Signora Higgins, narratrice sui generis.

Balasso, com’è dunque questo Mr. Smith? «È un mite metereologo che ha improvvisi scatti d’ira. C’è qualcosa di irrisolto nel suo passato, il rapporto con un padre autoritario e ingombrante. Conflitto che appartiene un po’ a tutti i personaggi della commedia, in cui emergono anche risvolti generazionali attraverso questa ragazza, decisamente più giovane dei due uomini».

Due uomini in attesa, come in Beckett. «Sì, una specie di Godot sul Niagara. Vivono insieme in una baracca dove non fanno nulla. È come se si fossero rinchiusi in un torpore. Lei arriva e li risveglia. Lavora in un giornale, gli propone l’impresa per finire sulle prime pagine e diventare famosa. Nient’altro. L’ideale per me che non amo il moralismo di certi testi, quelli che ti vogliono insegnare qualcosa. Qui invece il senso del lavoro è in una battuta della Signora Higgins: “Ci hanno sempre detto che si raccoglie quel che si è seminato, che c’è un nesso. Ma io non l’ho mai visto”.Noi facciamo succedere delle cose nell’illusione di sortire degli effetti e vi cerchiamo poi dei significati. Ma la nostra è sempre una giustificazione successiva».

È questo che l’ha incuriosita del progetto? «Non ho mai fatto mistero di amare la scrittura di Baricco e più la gente ne parla male, più mi sembra interessante. Vacis è poi l’unico regista che ha identificato le mie caratteristiche d’attore, che non conoscevo nemmeno io».

Da tempo è tornato al teatro dopo Zelig: come è stato il passaggio? «All’epoca la gente si aspettava che facessi monologhi comici ma io scelsi tutt’altro, pagandone le conseguenze. Ci ho messo 15 anni per ricostruire un pubblico e ora i risultati sono figli di queste stagioni e del mio canale Youtube, non certo di Zelig».

A proposito, ma le fa piacere tutta questa visibilità sui social? «Non molto. Mi considero una persona intelligente, che sa qual è il proprio gradino. Se io divento un punto di riferimento vuol dire che sono venuti a mancare gli intellettuali, se ci fosse ancora Pasolini nessuno penserebbe a seguirmi. È un ruolo che non voglio avere, ma ho imparato che non sei mai quello che pensi di essere, è la gente che decide».