Testamento di Silvio Berlusconi, perché i figli potrebbero impugnarlo e perché non lo faranno. Incognita sulla frase “Se non dovessi tornare”

Diversi errori, formali e materiali, renderebbero contestabili le volontà del Cavaliere. L’ultimo documento consegnato (in busta aperta) al notaio dalla compagna Marta Fascina

La lettera testamento di Silvio Berlusconi

La lettera testamento di Silvio Berlusconi

Mille ragioni perché il testamento di Silvio Berlusconi possa essere all’origine di una contesa fra gli eredi, una sola perché questo non avverrà. E cioè che i figli dell’ex premier, i primi due avuti da Carla Elvira Dall’Oglio, quanto gli ultimi tre nati dall’unione con Veronica Lario, non paiono avere alcuna intenzione di rompere l’unità della famiglia e sembrano tenere soprattutto al rispetto delle volontà del padre. Il quale, nonostante un patrimonio da 7,1 miliardi di euro, ha affidato le proprie estreme volontà a tre documenti scritti a mano, semplici, di 11, 10 e 15 righe ciascuno, stesi su carta intestata di Villa San Martino, fra il 2 ottobre 2006 e il 29 gennaio 2022. Testi registrati e pubblicati dal notaio Arrigo Roveda, che appaiono non privi di errori materiali e di teoriche difficoltà di interpretazione che – fortunatamente solo sulla carta – potrebbero produrre contestazioni non infondate.

La scheda del 2 ottobre 2006: nessun inventario 

Il primo testo, vergato in nero su un foglio giallo paglierino con l’intestazione Villa S. Martino, è di undici righe. “Testamento. Lascio la disponibile in parti eguali ai miei figli Marina e Pier Silvio, Lascio tutti il resto in parti eguali ai mei cinque figli Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi. Silvio Berlusconi. Arcore, 2 ottobre 2006”. Un testo dalla chiarezza cristallina, quanto dalla difficile interpretazione per chi volesse cercare motivi di contesa. Non viene infatti perimetrato il complesso dell’intero patrimonio, l’asse ereditario, ovvero l’intero ammontare dei beni, dei diritti e delle obbligazioni verso terzi che il defunto aveva. Nel distribuire la parte legittima, che tecnicamente viene definita alla presenza di un testamento quota di riserva, che corrisponde ai due terzi in presenza di nessun coniuge e di più di un figlio, a tutti e cinque i figli Berlusconi rispetta quello che è nei fatti un obbligo della norma. Mentre dispone liberamente del terzo della “disponibile”, dividendolo a metà fra i primi due figli Marina e Pier Silvio.

La riserva e la disponibile

Ma nel calcolo della “riserva” in teoria, potrebbe venire considerato anche tutto ciò che in vita chi scrive il testamento ha donato. In altre parole, Berlusconi ha già evidentemente sostenuto economicamente i figli anche quando era in vita, attribuendo loro quote dei propri beni, che in un calcolo complessivo dell’asse ereditario dovrebbero essere calcolati. In quelle dieci righe dall’apparente chiarezza manca del tutto una stima di questi beni, un inventario preciso di immobili, terreni, opere d’arte, titoli e depositi, che dovranno quindi essere soppesati, valutati e divisi fra i fratelli secondo la decisione del padre: un terzo ai soli Pier Silvio e Marina e due terzi da spartire in cinque. Potenzialmente, l’attribuzione di un patrimonio così variegato e complesso, non composto soltanto dalle azioni delle aziende, si presta a contenziosi infiniti. Che tuttavia la famiglia non è intenzionata ad affrontare e sulla quale non scommettono neppure i mercati finanziari, vista la normalizzazione (dopo un periodo di aumenti seguito alla morte del fondatore) delle quotazioni azionarie alla pubblicazione del testamento.

I soldi al fratello Paolo: 100 e non 200 milioni

Qualche problema, sempre in linea teorica, potrebbe riservarlo, la seconda scheda del testamento. Altre dieci righe: stessa carta giallo paglierino, stessa intestazione in inchiostro verde “Villa S. Martino”, stessa grafia, quella di Berlusconi, che recita. “Confermo le disposizioni testamentarie del 2 ottobre 2006. Aggiungo in favore di mio fratello Paolo Berlusconi una donazione di 100 (cento) milioni di euro a titolo di legato”. Seguono firma e data: “Arcore, 5 ottobre 2020”. Anche qui, qualche ipotesi di ambiguità. Detto che, contrariamente a quanto sollevato da alcuni, non importa la definizione usata (lascito, donazione, regalo, eredità), il legato riguarda beni specifici. Nella fattispecie 100 milioni di euro. Non si specifica però in che modo debbano essere versati, ma è chiaro che questo esclude il beneficiario (detto legatario) dall’elenco degli eredi, mettendolo al riparo anche da eventuali contese. Ma i cento milioni a Paolo Berlusconi sono stati comunque oggetto di confusione. Avendo Silvio nel terzo documento, nel quale erano indicati i lasciti per Marta Fascina e Marcello Dell’Utri, ribadito anche quello al fratello, da 100 milioni, si era ipotizzato che questo valesse come una seconda donazione, che avrebbe così raddoppiato l’incasso di Paolo. Circostanza smentita dallo stesso interessato che è dovuto intervenire per spiegare che “mio fratello Silvio mi aveva anticipato in più occasioni, con la straordinaria generosità che lo ha sempre contraddistinto, l’intenzione di lasciarmi la somma di 100 milioni di euro”. Solo quelli. 

La busta “non sigillata” di Marta Fascina 

Ma anche qui, è l’intenzione dei familiari di non sollevare alcuna contestazione a rendere chiare le volontà del Cavaliere. C’è poi la questione dell’ultimo documento, quello consegnato a mano “con busta non sigillata” da Marta Fascina al notaio Roveda. “Ai miei figli” recita l’indirizzo. Dentro, un foglio di carta intestata, con la scritta “Silvio Berlusconi” e la dicitura “20823 Arcore – Villa San Martino”. Sotto, in una grafia che mostra già diversi tentennamenti, quelli di un uomo già anziano e in apprensione per il ricovero, la data, 19 gennaio 2022, quella di uno dei tanti ricoveri del Cav. Il testo che segue è di quindici righe: “Cara Marina, Piersilvio, Barbara e Eleonora”. E qui Berlusconi, oltre a scrivere il nome del secondogenito tutto attaccato, si scorda – forse in un momento di debolezza – quello di Luigi, il più giovane. Fatto che ha sollevato da più parti il dubbio, del tutto teorico, che questo lo esenti dalla richiesta di prelevare anche dalla propria eredità il denaro da destinare allo zio, a Dell’Utri e all’ultima fidanzata del padre, Marta. L’indicazione di Berlusconi “ai miei figli”, però è chiara. Anche se una suddivisione fra tutti e cinque i figli dell’onere da 230 milioni complessivi potrebbe sulla carta scontrarsi con la riserva della quota dei legittimi, andando a carico dei soli beneficiari della quota disponibile, ovvero Marina e Pier Silvio. 

La condizione sospensiva che non si è verificata

Il testo continua con il dettaglio: “Vi prego di prendere atto di quanto segue: dalle vostre eredità di tutti i miei beni dovreste riservare queste donazioni a: 1) Paolo Berlusconi, euro 100 milioni, 2) a Marta Fascina: euro 100 milioni (scritto più piccolo, ndr) 3 a Marcello dell’Utri: euro 30 milioni, per il bene che gli ho voluto e per quello che loro hanno voluto a me”. In queste ore sono stati diversi gli esperti in materia ereditaria a puntare lo sguardo su una frase specifica: “Sto andando al San Raffaele. Se non dovessi tornare Vi prego di prendere atto di quanto segue”, scriveva Berlusconi di proprio pugno. Una sorta di “condizione sospensiva”, ovvero di una disposizione in caso di un evento che tuttavia non si era verificato. Otto giorni dopo quel ricovero, infatti, l’ex presidente del Consiglio era uscito dall’ospedale ed era tornato a Villa San Martino. E questo avrebbe – in linea puramente teorica – reso inefficace il lascito, rendendo possibile (ma anche qui del tutto improbabile) l’eventuale impugnazione della disposizione dal costo di 230 milioni di euro complessivi a carico dei figli.

Le condizioni fisiche del leader forzista nel 2022

Da chiarire se i cinque fossero consapevoli dell’esistenza della terza scheda, l’ultimo foglietto, consegnato a Roveda dalla “non moglie” a Villa San Martino al notaio. Rumors non confermati – riportati dalle agenzie - attribuiscono a Marta Fascina l’intenzione di chiarire la questione con i propri legali. Certo è che i toni, con l’ipotesi di potere non uscire più dal San Raffaele, il lapsus con l’assenza del nome del figlio Luigi, e le evidenti incertezze nella grafia, con linee interrotte e sbavature, descrivono una situazione di salute, ma anche psicologica, difficile per il fondatore di Forza Italia, che evidentemente temeva seriamente per la propria vita.