Maxi processo alla 'Ndrangheta "oscurato" da crisi di Governo e Covid

Udienze serrate per il secondo maxi processo d'Italia, il primo alle 'ndrine, nell'aula bunker di Lamezia Terme oltre 300 imputati, 400 capi di imputazione e 600 difensori

L'aula bunker di Lamezia Terme dove si tiene il maxi processo " Rinascita  Scott"

L'aula bunker di Lamezia Terme dove si tiene il maxi processo " Rinascita Scott"

Milano, 21 gennaio 2021 - A pochi giorni dall'inizio del maxi processo Rinascita-Scott contro la 'ndrangheta del Vibonese, stamattina è scattata l'operazione ''Basso profilo'' contro alcune tra le principali 'ndrine calabresi, con decine di arresti e quasi 100 milioni di euro di beni sequestrati. Tra gli indagati anche il leader dell'Udc Lorenzo Cesa che, appresa la notizia, si è dimesso. 

Processo senza telecamere

Tra titoli di copertina dedicati all'insediamento di Biden negli Stati Uniti, crisi di governo e nel bel mezzo di una pandemia che polarizza l'attenzione mediatica e impedisce, per motivi di sicurezza, l'ingresso alle telecamere nell'aula bunker, il secondo maxi processo della storia d'Italia, il primo alle 'ndrine 329 imputati, 400 capi di imputazione e 600 difensori - viene celebrato quasi in sordina. Sono state infatti vietate le riprese televisive. Scelta che non è andata giù alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana e al presidente dell'Unione nazionale dei cronisti italiani della Calabria, Michele Albanese. "Impedire le riprese giornalistiche audiovisive del maxiprocesso Rinascita Scott - ha detto Albanese - significa privare la storia di una testimonianza formidabile, necessaria e insostituibile. Ciò che come giornalisti siamo riusciti a documentare in relazione al maxiprocesso di Palermo a Cosa nostra, dal 10 febbraio 1986 in avanti, non lo potremo documentare nel nuovo millennio, nell'era di internet e della informazione cross-mediale, con riguardo alla 'ndrangheta".

Udienze a ritmo serrato

Intanto proseguono senza sosta le udienze, una maratona processuale per evitare la scadenza dei termini di carcerazione. ll procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri è stato chiaro: "Sei giorni alla settimana su 7 e un Tribunale collegiale che sia esonerato dal trattare altri procedimenti penali. Solo così si potrà evitare la scadenza dei termini massimi di custodia cautelare degli imputati ed una loro scarcerazione". Altrettanto pronta la risposta della presidente del Tribunale collegiale di Vibo, Brigida Cavasino: "Come Collegio faremo di tutto per evitare la scadenza dei termini di custodia cautelare per gli imputati detenuti, ma tenere udienze tutti i giorni è impensabile perché il lavoro dei giudici non avviene solo in udienza ma è rappresentato anche dallo studio delle carte, delle deposizioni e delle trascrizioni delle intercettazioni".  Al momento sono state calendarizzate le udienze per il 21, 22, 25, 26, 28 e 29 gennaio, quando, esaurite le questioni preliminari fra accusa e difesa, si potrà avere un quadro più definito su quante udienze a settimana verranno celebrate. Il presidente Cavasino ha fissato un fitto calendario per i giorni iniziali per poi allentare le udienze a 3/4 giorni la settimana.

​​Riuniti i tre tronconi del processo

Accolta dal Tribunale collegiale la richiesta di riunire i tre tronconi processuali nati dalla maxi-operazione antimafia Rinascita-Scott in un unico dibattimento. Un unico processo, dunque, per 329 imputati. Al troncone principale con 322 imputati è stato unito quello con imputati Francesco Cracolici, Giuseppe Camillo' e Franco Barba le cui posizioni erano state in precedenza separate. A tali due tronconi è stato unito nei giorni scorsi pure il processo che vede imputati con giudizio immediato l'avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia, Giancarlo Pittelli, l'avvocato Giulio Calabretta, l'imprenditore vibonese Mario Lo Riggio, l'ex sindaco di Nicotera Salvatore Rizzo. Altre posizioni sono state oggi stralciate poiché alcuni imputati detenuti si trovano in isolamento sanitario per il coronavirus e quindi allo stato impossibilitati a presenziare al processo. Per altri imputati, altresì, vi è stato uno stralcio (separazione) delle loro posizioni per difetti di notifica del decreto di rinvio a giudizio. A formalizzare in dibattimento la richiesta di riunione è stato il sostituto procuratore della Dda Antonio De Bernardo. 

Pm: "Qualcuno tenta di far saltare il banco"

"Vi è una sfida nella sfida in questo processo che è quella di terminarlo in tempi ragionevoli e all'interno dei termini di custodia cautelare", ha detto il sostituto procuratore della Dda Antonio De Bernardo, il quale ha rimarcato il fatto che "c'è qualcuno che tenta di far saltare il banco". Il riferimento del pubblico ministero è, anche, alle recenti dichiarazioni del neo collaboratore di giustizia Antonio Gaetano Cannatà che il primo dicembre scorso ha rivelato che quando era in carcere a Tolmezzo, a maggio e giugno 2020, prima della notifica della conclusione delle indagini preliminari, il detenuto Luciano Macrì ha invitato ad optare in massa per il rito ordinario per dilatare i tempi del processo e fare scadere così i termini di custodia cautelare.  "Solo davanti al tribunale di Vibo vi sono sei tronconi - ha detto De Bernardo -: tre li stiamo discutendo, altrettanti sono fissati al 17 febbraio e sono provenienti da altre udienze preliminari. Ci sono, pertanto, i presupposti per la riunione dei procedimenti. Inoltre, abbiamo presentato istanza per anticipare l'udienza del 17 febbraio affinché anche quei tronconi vengano chiamati al più presto e quindi riuniti". Il pm ha sottolineato come "nulla di intentato sia stato tralasciato affinché si perda meno tempo possibile" e ha rimarcato il fatto che a correlare i vari tronconi vi siano gli stessi fatti connessi in concorso, le stesse prove. "Le vicende  non sono separabili", ha detto De Bernardo sottolineando il fatto che talune parti civili si siano costituite per tutti i tronconi. Tutto è stato disposto affinché si possa procedere a fare udienza sei giorni su sette, compresa la sanificazione giornaliera e la vigilanza. 

Ricusati due giudici

Nel corso di una udienza è stata anche chiesta, da parte dell'avvocato Diego Brancia, la ricusazione dei giudici a latere Brigida Cavasino e Gilda Romano che hanno fatto parte del collegio giudicante nel processo Nemea, contro il clan Soriano di Filandari, procedimento correlato a Rinascita- Scott. 

Numeri record

Era l'alba del 19 dicembre 2019 quando scattò il blitz di 3.000 carabinieri che avevano come obiettivo la cattura di oltre 300 tra boss e affiliati alle cosche della 'ndrangheta del vibonese e dei loro collegamenti con il mondo istituzionale, politico, imprenditoriale e della massoneria deviata. Adesso, a poco più di un anno di distanza, inizia in Calabria il processo più imponente mai celebrato alle 'ndrine: 355 imputati - altri 89 hanno scelto l'abbreviato e il processo inizierà il 27 gennaio - centinaia di avvocati e parti civili. Per poterlo fare è stata realizzata a tempo di record un'aula bunker nell'area industriale di Lamezia Terme con il costante interessamento del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. Alla sbarra i presunti boss e affiliati alle più potenti cosche del vibonese, a cominciare dai Mancuso dei Limbadi, in ottimi rapporti con i De Stefano di Reggio Calabria ed i Piromalli di Gioia Tauro ed a capo del "crimine" della provincia di Vibo Valentia con compiti di collegamento con la provincia di Reggio e il crimine di Polsi, vertice assoluto della 'ndrangheta unitaria.

Lombardia terra di 'Ndrangheta

Le ramificazioni della 'Ndrangheta in Lombardia si sono fatte negli anni sempre più consistenti, come dimostrano i blitz delle forze dell'ordine che hanno assestato importanti colpi al patrimonio dei clan, portando i cella alcuni affiliati e boss di spicco. Ma anche imprenditori legati a doppio filo alle 'ndrine. Com'è avvenuto lo scorso ottobre, quando Giuseppe Carvelli, pluripregiudicato per narcotraffico, legato alla potente cosca di ’ndrangheta dei Mancuso di Limbadi, e al vertice della catena di ristoranti "Giro-pizza Tourlé" è tornato in carcere insieme ad altre 8 persone, dopo l’inchiesta "Amleto". Quell’operazione conclusa a novembre 2019 aveva fatto luce su una rete di prestanomi impiegati proprio da Carvelli per investire nei locali i proventi del traffico di stupefacenti: aveva iniziato con 400mila euro per una pizzeria di Sesto San Giovanni e poi si era allargato fino ad arrivare a Torino. Ma negli anni le operazioni contro la 'Ndrangheta sono aumentate in modo esponenziale in Lombardia, infliggendo duri colpi ai clan, come a gennaio 2019 con l’operazione “Ossessione”, finita con 25 arresti per traffico di droga internazionale. A dare la svolta alle indagini era stato il ritrovamento, nel 2018, di un deposito di droga e armi a Milano.