Soldi della ’ndrangheta nelle pizzerie Tourlé

Qui, secondo la procura, il boss Giuseppe Carvelli ha investito i proventi del traffico di droga della cosca Mancuso di Limbadi

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Milano, 6 ottobre 2020 - Non avrebbe mai guadagnato cifre consistenti, se si escludono i redditi derivanti da attività illecite accumulati in veste di imprenditore in incognito legato alla potente cosca di ’ndrangheta dei Mancuso di Limbadi, della provincia di Vibo Valentia. C’era lui, Giuseppe Carvelli, pluripregiudicato per narcotraffico, al vertice della catena di ristoranti “Giro-pizza Tourlé“ nel Nord Italia. È tutto scritto nell’ordinanza che lo scorso anno lo ha (ri)portato in carcere insieme ad altre 8 persone, dopo l’inchiesta "Amleto".

Quell’operazione conclusa a novembre 2019 aveva fatto luce su una rete di prestanomi impiegati proprio da Carvelli per investire nei locali i proventi del traffico di stupefacenti: aveva iniziato con 400mila euro per una pizzeria di Sesto San Giovanni e poi si era allargato fino ad arrivare a Torino. Ora il cerchio si chiude, con il sequestro antimafia di immobili a lui riconducibili. A lui infatti si sono rivolte le attenzioni degli specialisti della Divisione Anticrimine della Questura guidata da Alessandra Simone, che hanno individuato il "tesoro" dal valore complessivo di un milione di euro nascosto nelle mani di persone di sua fiducia: una società immobiliare con sede a Sesto San Giovanni, due appartamenti a Forno Canavese, in provincia di Torino, e a Sesto San Giovanni, tre terreni agricoli a Concorezzo (Monza-Brianza), una Porsche modello Macan e vari rapporti bancari riconducibili, direttamente o indirettamente, allo stesso Carvelli.

A causa della dimostrata sproporzione con i redditi, questi beni sono diventati oggetto di un sequestro di prevenzione adottato su proposta congiunta del Questore e del Procuratore distrettuale antimafia che, al termine di un procedimento di convalida, andrà a consolidarsi in un decreto di confisca. I ristoranti restano al momento sequestrati a livello penale, come disposto lo scorso novembre. "Io sono uno che non si fa problemi, ma li crea", aveva scritto Carvelli in un messaggio intercettato dalla polizia in occasione dell’apertura dell’ultimo locale nel capoluogo piemontese. In un’altra intercettazione si rivolgeva a rappresentanti del clan: "Sto aprendo questa pizzeria solo perché ci siete voi", facendo affiorare ancora una volta il legame con la cosca. Ma il suo nome era già finito sulle pagine di cronaca: nel 2008 era stato arrestato con 6 chili di cocaina, poi aveva ricevuto un cumulo pena di 22 anni.

Ma è uscito dal carcere nel 2017 grazie a permessi premio, affidato in prova ai Servizi Sociali e ammesso al lavoro esterno alle dipendenze di una cooperativa. Di fatto avrebbe però tenuto le redini della catena di locali, con quote intestate a prestanomi. Secondo il Giudice per le indagini preliminari, a Carvelli erano riconducibili i ristoranti a marchio Tourlé e aveva dimostrato in più occasioni la sua "indiscussa autorità".

 

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