REDAZIONE CRONACA

Sospesa dal lavoro perché non vaccinata contro il Covid: giudice multa e condanna azienda

Il tribunale del lavoro dell'Aquila ha sanzionato con 2.500 euro l'impresa di pulizie per cui la donna lavorava, condannandola anche al pagamento della retribuzione alla dipendente senza green pass

Green pass: si allentano le restrizioni dal 1° aprile

Green pass: si allentano le restrizioni dal 1° aprile

Sospesa dal lavoro perché non vaccinata contro il Covid 19. La vicenda, che risale al periodo dell'obbligatorietà del green pass, in piena emergenza pandemia, è approdata davanti al giudice del lavoro dell'Aquila che ha multato l'azienda e l'ha condannata anche al pagamento della retribuzione. Ma veniamo ai fatti. A seguito della pandemia da Covid-19 un'azienda di pulizia, "con la presupposizione di valenza di una circolare emessa dall' Asl01 L'Aquila-Avezzano-Sulmona", ha esteso l'obbligo vaccinale ai propri dipendenti all'interno del sistema delle pulizie dell'ospedale San Salvatore dell'Aquila e quindi l'obbligo di esibizione del green pass prima di prendere servizio". Questo ha "determinato la sospensione della lavoratrice, dirigente provinciale Ugl L'Aquila, che contestava immediatamente tale  comportamento".

La motivazione

Il giudice del lavoro Giulio Cruciani, su ricorso della stessa Ugl, assistita dall'avvocato Giulio Silvestri, ritenendo illegittima la sospensione, con sentenza 234/2022 ha sanzionato con 2.500 euro l'azienda, condannata anche al pagamento della retribuzione. Il giudice nella motivazione premette "che verrà valutata non la legittimità dell'obbligo vaccinale anti Sars-CoV-2, bensì la legittimità della sospensione dal lavoro per assenza della vaccinazione obbligatoria per alcune categorie di lavoratori o di una certa fascia di età, questo essendo il tema del decidere nel presente giudizio". Inoltre aggiunge "che deve respingersi con forza la tesi" dell'azienda "secondo la quale un lavoratore può essere sospeso dal lavoro senza che il datore gli comunichi alcunché.  "E' la stessa parte resistente che sostiene - afferma - che in base al disposto dell'art. 4-ter, c. 3, dl. 44/21, l'atto di accertamento dell'inadempimento determina l'immediata sospensione dal diritto di svolgere l'attività lavorativa. Dunque, quantunque la sospensione sia l'effetto immediato del venire in essere di alcuni presupposti, questi devono essere accertati in un procedimento che culmina con un atto e questo ovviamente deve essere comunicato al lavoratore che così potrà conoscere il motivo della sospensione, verificare se l'accertamento è esatto e in caso ritenga impugnarlo. Sotto tale profilo, dunque, la sospensione della lavoratrice è palesemente illegittima per difetto della relativa procedura: un atto ci deve essere e può anche avere effetti retroattivi, ma deve dare conto dell'esistenza dei presupposti che giustificano tali effetti e deve essere comunicato all'interessato affinché̀ conosca il motivo della sospensione".