Crac De Tomaso automobili, arrestato in Montenegro l’imprenditore milanese Gianluca Rossignolo

Il manager era latitante: era stato condannato a 8 anni di carcere per la bancarotta fraudolenta dello storico marchio torinese di sportive. L’uomo, fermato a Podgorica, ha fornito anche documenti falsi

L'imprenditore milanese Gianluca Rossignolo e una nuova auto della De Tomaso, azienda rinata dal fallimento del 2012

L'imprenditore milanese Gianluca Rossignolo e una nuova auto della De Tomaso, azienda rinata dal fallimento del 2012

È stato arrestato in Montenegro il latitante Gianluca Rossignolo, destinatario di provvedimento di esecuzione per un cumulo pene di otto anni e un mese di reclusione per la bancarotta fraudolenta della De Tomaso automobili, storica casa produttrice di vetture sportive torinese fallita nel 2012, commessa anche ottenendo, grazie a  polizze fideiussorie false, dei finanziamenti indebiti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Regione Toscana per una somma complessiva di oltre 10 milioni di euro.

Le indagini sono state condotte dalla sezione catturandi del nucleo investigativo dei Carabinieri di Milano, coordinati dalla procura generale di Torino.

Rossignolo, 55 anni, è stato localizzato a Podgorica e al momento dell'arresto ha cercato di sottrarsi alla sua identificazione esibendo documenti italiani contraffatti. L'imprenditore è in carcere in attesa delle procedure finalizzate all'estradizione in Italia.

La storia della De Tomaso automobili e il ruolo di Rossignolo

La De Tomaso è una casa automobilistica italiana fondata a Modena nel 1959 dal pilota italo-argentino Alejandro de Tomaso. L'azienda, dopo una storia legata a doppio filo con le supercar,  nei primi anni del 2000 aveva avanzato un piano di ampliamento della sua produzione, puntando su un accordo di collaborazione con l'azienda russa UAZ, colosso dell'acciaio. Il progetto era quello della produzione di un nuovo modello di fuoristrada.

Successivamente, alla morte di Alejandro De Tomaso nel 2003, la società è passata nelle mani della vedova Isabelle Haskell e del figlio Santiago De Tomaso, che non vedevano di buon occhio il progetto “Suv” portato avanti dall'ex amministratore delegato Marco Berti e che nell'estate del 2004 misero in liquidazione l'azienda. Pochi mesi dopo, la produzione si fermò e il marchio, i terreni e i capannoni dell'azienda modenese vennero messi in vendita nel settembre 2007. La base d'asta per i marchi "De Tomaso", "Guarà" e "Pantera" era di 1.780.000 euro ma non arrivarono offerte, a fronte di una stima di valore di oltre 10 milioni di euro. 

Nel 2009 il marchio De Tomaso, nuovamente messo in vendita a una quotazione più bassa della precedente e venne acquistato dalla Innovation in Auto Industry S.p.A. dell'imprenditore Gianluca Rossignolo, che divenne anche presidente della casa automobilistica. Così, nel 2011, riprese la produzione di vetture marchiate De Tomaso. Il 9 febbraio 2012 però, a sorpresa, la famiglia Rossignolo dichiarò di aver ceduto il controllo del marchio a un gruppo di investitori esperti del settore automobilistico. L'identità degli investitori venne svelata solo successivamente: ad acquisire l'azienda era stata la Car Luxury Investment, società italiana del gruppo cinese Hotyork Investment Group. Ma i problemi economici restavano gravi: prima la cassa integrazione dei lavoratori, poi il dichiarato fallimento dell'azienda (nel luglio 2012) senza che gli amministratori facessero il minimo sforzo per salvarla hanno posto fine al tentativo di rilancio del marchio. In seguito a questi eventi, i dirigenti della società furono successivamente sottoposti a giudizio e quindi incarcerati per truffa ai danni dello Stato, relativamente a fondi pubblici ottenuti per pagare corsi di formazione in favore del personale, in realtà mai svolti. Nel febbraio del 2019 Gianluca Rossignolo e il figlio Gianluca sono stati poi condannati dal tribunale di Torino per la bancarotta della De Tomaso.

Il 19 marzo 2015, un raggruppamento formato da L3 Holding e Genii Capital si è aggiudicato una nuova gara d'asta per 2,05 milioni di euro, presentando un piano industriale che prevedeva 60 ricollocamenti nel 2017 e 360 riassunzioni entro il 2021. Il gruppo non ha però onorato il pagamento dell'asta e il marchio è stato rimesso in vendita dal tribunale. In seguito a una successiva asta, l'azienda è stata aggiudicata, per la cifra di 1,05 milioni in euro, alla società cinese Ideal Team Ventures Limited, che ha sede operativa a Hong Kong e sede legale nelle Isole Vergini britanniche.