GIULIA PROSPERETTI
Cronaca

Bimbo di un anno ucciso a Voghera, la psicologa: "Oggi madri troppo sole. Over 40 più a rischio, cambiare vita è difficile"

Depressione post parto, l’esperta Anna Oliveiro Ferraris: servono congedi più lunghi per i papà. Intanto la donna di 44 anni è piantonata in ospedale

Bimbo di un anno ucciso a Voghera, la psicologa: "Oggi madri troppo sole. Over 40 più a rischio, cambiare vita è difficile"

Roma, 16 luglio 2023 – “È un tragedia che si è consumata nel sottile equilibrio tra conscio e inconscio. Se ha agito così è perché era in uno stato delirante, non è colpa sua ma della malattia. Si tratta di un disturbo mentale grave". È quanto afferma Anna Oliveiro Ferraris, psicologa e psicoterapeuta, già docente di Psicologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma, commentando il caso di Elisa Roveda, la 44enne di Voghera.

La bara con il bimbo di un anno, Luca, appena strangolato dalla madre a Voghera
La bara con il bimbo di un anno, Luca, appena strangolato dalla madre a Voghera

Quando si può parlare di depressione post partum?

"Dopo la nascita c’è uno squilibrio ormonale per cui moltissime donne provano un periodo di spaesamento, di depressione, si sentono deboli, incapaci di affrontare un compito così importante. Ci può essere una specie di terremoto psicologico. Ma in genere questa depressione fisiologica dopo 3 o 4 giorni viene superata. In una minoranza di casi, tuttavia, può continuare mesi e richiede un intervento".

Cosa bisogna fare in questi casi?

"Bisogna immediatamente rivolgersi a uno psichiatra e, nei casi più gravi, tenere lontano il bambino dalla madre per un certo periodo di tempo oppure impegnarsi affinché ci sia sempre qualcuno insieme a lei".

Ci sono persone più a rischio di sviluppare la dpp?

"Donne che in passato hanno già avuto episodi depressivi sono più a rischio. Un fattore che si somma agli altri e non va sottovalutato è legato all’età. L’arrivo di un figlio stravolge la vita: per una donna di oltre 40 anni è più difficile cambiare. Anche nelle donne giovani, tuttavia, la solitudine può rappresentare un fattore di rischio".

Ci sono alcuni segnali che si possono cogliere?

"Bisogna fare attenzione se una donna dopo il parto non vuole allattare il bambino, smette di mangiare, è triste, insicura".

Cosa scatta nella mente di una madre che arriva a uccidere il proprio bambino?

"A livello inconscio c’è un rifiuto che può scaturire da paura, insicurezza, o dal vivere il bambino come un grosso limite alla propria vita. Consciamente vogliono bene al bambino, ma a livello inconscio sentono un impulso a liberarsene. Alcune donne pensano che sia meglio per il bambino trasformarsi in un angioletto e andare in paradiso piuttosto che affrontare questo mondo che a loro, essendo così depresse, sembra una specie di inferno. Per altre l’arrivo del bambino, soprattutto se è il primo, rappresenta un cambiamento che non riescono a gestire".

Sviluppano una sorta di insofferenza nei confronti del bambino?

"Una madre, soprattutto se si sente sola nell’accudimento, può vivere il bambino come un persecutore. Il problema è, a volte, il divario tra il bimbo sognato, desiderato e idealizzato (anche per molti anni) e il bimbo reale con tutte le sue esigenze e anche comportamenti irritanti come i pianti interminabili e i risvegli notturni con conseguente mancanza di sonno nella madre. Per una madre può diventare intollerabile".

Ci sarebbe bisogno di fornire un maggiore supporto alla madri?

"La madre nei primi tempi va accudita: è necessario che intorno al bambino si alternino varie persone. Sarebbe, inoltre, auspicabile un congedo parentale lungo per i padri e corsi pre parto per creare un rapporto con una rete di mamme".