GABRIELE MORONI
Cronaca

Stasi, smontato in 49 pagine il sogno di un nuovo processo

Contraddittori, “fugaci” e già valutati per i giudici gli elementi portati dalla difesa Resta in carcere per l’omicidio di Chiara Poggi, ma andrà in Cassazione

GARLASCO (Pavia) Alberto Stasi non si arrende. Il difensore Laura Panciroli annuncia il ricorso in Cassazione contro l’ordinanza della Corte d’appello di Brescia che ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione del processo. I giudici della prima sezione penale motivano in 49 pagine la decisione che Stasi continui a scontare la condanna definitiva a sedici anni di reclusione per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, il 13 agosto del 2007 a Garlasco. Due gli argomenti portati dalla difesa. Il primo poggiava su tre elementi. Una consulenza tecnica segnala la presenza di altre impronte, oltre a quelle dell’anulare destro di Stasi, sul dispenser del sapone liquido nel bagno di casa Poggi. La presenza di alcune micro crosticine sul dispenser. Quella di quattro capelli nel lavandino. I tre elementi contrasterebbero la ricostruzione della sentenza di condanna che "le impronte digitali furono lasciate dall’assassino che essendosi imbrattato le mani con il sangue della vittima aveva avuto la necessità di lavarsele e poi ripulire portasapone e lavandino dalle tracce di sangue". Smentirebbero "che l’assassino, chiuque esso fosse, dopo aver ucciso Chiara, si fosse lavato le mani sporche di sangue nel bagno del piano terreno di casa Poggi". Ma per l’ordinanza bresciana questo non scagiona Stasi dal momento che "la pretesa prova nuova sarebbe, nella stessa prospettiva difensiva, priva della capacità dimostrativa a ribaltare il giudizio di colpevolezza. Seguendo la tesi della difesa, infatti, nessuna impronta dell’assassino potrebbe trovarsi sul dispenser " . Se invece si accetta la tesi del lavaggio, " sarebbe inspiegabile la mancata cancellazione delle impronte di Stasi - che la difesa assume depositata la sera precedente - a seguito del lavaggio effettuato da un terzo soggetto " . Le ulteriori impronte non sono comunque attribuibili perché non raggiungono i parametri. I capelli appartengono alla vittima, simili a quelli rimasti in una chiazza di sangue. Seconda prova. Un filmato della trasmissione “Le Iene” dimostrerebbe che la vicina di casa Manuela Travain, transitando in auto in via Pascoli, avrebbe avuto la possibilità di vedere, attraverso il cancello, la porta finestra del villino dei Poggi. La porta finestra chiusa documenterebbe che in quel momento l’omicidio non era ancora avvenuto. Secondo una consulenza tecnica, il passaggio della Travain sarebbe avvenuto fra le 9.27.41 e le 9.28.40. Stasi non poteva avere il tempo di trasferirsi dalla casa della fidanzata alla sua, dove si trovava sicuramente alle 9.35, quando ha avviato il pc. La Corte d’appello non ha valutato come nuova prova l’elaborato e neppure il filmato perché le condizioni del cancello e la possibilità di vedere la porta finestra da parte della teste in transito sono circostanze già valutate dalla Corte di merito. Fra le circostanze contrarie alla tesi difensiva, l’ordinanza cita quella della "fugacità della visione” da parte della teste che "non sapeva collocare il fatto al 13 agosto piuttosto che al venerdì 10 precedente " .