PIER GIORGIO RUGGERI
Cronaca

Il caso Pamiro è chiuso: il professore di Crema non fu ucciso dalla moglie Debora Stella

Il gip di Cremona ha disposto l’archiviazione del procedimento per la morte dell’insegnante, ritrovato il 29 giugno del 2020 ai piedi dell’impalcatura di un cantiere di via Don Primo Mazzolari

Mauro Pamiro insegnante e musicista, la mattina del 29 giugno di tre anni fa è stato trovato morto in un cantiere edile. Qui con la moglie Debora Stella

Mauro Pamiro insegnante e musicista, la mattina del 29 giugno di tre anni fa è stato trovato morto in un cantiere edile. Qui con la moglie Debora Stella

Crema (Cremona) – Non è stato un omicidio ma una caduta. Chiuso il caso Mauro Pamiro. Il gip di Cremona, Giulia Masci, ha disposto l'archiviazione del procedimento che vedeva Debora Stella, moglie dell'insegnante-musicista di Crema, indagata come atto dovuto per omicidio volontario. Mauro Pamiro è morto precipitando da un'impalcatura di un cantiere di via Don Primo Mazzolari dove è stato rinvenuto il corpo, la mattina del 29 giugno di tre anni fa. Alla richiesta di archiviazione da parte della Procura cremonese si erano opposti per due volte i genitori del professore, rappresentati dall'avvocato Antonino Andronico e dall'avvocato Gian Luigi Tizzoni.

La tesi della caduta

La tesi della caduta, secondo il gip, è sostenuta da una serie di elementi. La lesione vertebrale che ha prodotto il decesso si è verificata "per violentissima distrazione del rachide", compatibile con l'impatto del corpo contro un piano di arresto rigido quale, appunto, il suolo e "si trattava di un meccanismo lesivo tipico della precipitazione dall'alto". L'altezza dell'edificio in costruzione "era coerente con il meccanismo lesivo produttivo del decesso". Sul cadavere non sono state riscontrate lesioni come segni di pugni, graffi, segni di afferramento, di costrizione del collo "tali da avallare la tesi di un'aggressione/colluttazione del Pamiro con terzi".

La lesione sulla fronte

Ecchimosi ed escoriazioni sulla parte anteriore del corpo sono compatibili con l'urto "contro ostacoli interposti lungo il moto di caduta". In particolare, la lesione sulla fronte può essere spiegata con l'urto contro una superficie ruvida, come ad esempio il frammento di tegola imbrattato di sangue trovato accanto al capo del cadavere. Quindi, per il gip, risulta "priva di riscontro" la tesi che il moncone di tegola possa essere stato impugnato da terzi per colpire Pamiro alla fronte. Sul frammento non sono state rilevate impronte papillari, palmari o digitali.

La posizione del corpo

Il fatto che ecchimosi ed escoriazioni si trovino sulla parte anteriore non è in contraddizione con la circostanza che il corpo è stato rinvenuto in posizione supina. È verosimile l'ipotesi, come sostenuto dai consulenti della Procura, che dopo l'impatto del corpo, prono o sul fianco, vi sia stata una modificazione della posizione originaria. Le lesioni più gravi erano tali "da determinare la morte nel volgere di breve tempo ma non necessariamente immediata". 

È allora possibile ipotizzare che Pamiro abbia impattato il suolo non in posizione perfettamente supina (ad esempio prona o su un fianco) e che "ancora cosciente possa aver modificato tale posizione per poi rimanere supino a terra impossibilitato ad alzarsi". 

Caduta o suicidio?

Caduta accidentale o suicidio? Il gip propende per la prima. "L'alterazione psicofisica legata all'assunzione di cannabis (che comporta euforia, rilassatezza, alterata percezione del tempo) poche ore prima del decesso e comunque in modo regolare negli ultimi sei mesi di vita, consentono di ipotizzare che nel caso in esame possa esservi stata, piuttosto che un intento suicida, un errore di valutazione del Pamiro". Dopo essersi issato sulla sommità della casa in costruzione (un'azione ritenuta non incompatibile con la forma di distrofia muscolare di cui soffriva il 44enne), "potrebbe aver deciso di saltare valutando in modo errato l'altezza dell'edificio". 

La moglie Debora Stella

Il Luminol non ha svelato tracce di sangue, impronte digitali, palmari, di piedi o di scarpe di particolare interesse né all'interno della Citroen in uso a Debora Stella né nell'abitazione di via Biondini occupata dai coniugi. Sull'auto è stato isolato solo un profilo genetico misto riferibile alla Stella e a un soggetto maschile ignoto. Questo svuota le dichiarazioni rese da Debora Stella nella stessa giornata di quel 29 giugno quando aveva affermato di avere dato "una legnata in testa" al marito per poi concludere di averlo ucciso e di essersi fatta aiutare a pulire il sangue da due amici. Subito dopo la donna era stata ricoverata per quindici giorni nel reparto di psichiatria. Le sue dichiarazioni sono comunque inutilizzabili perché rese da una persona che in quel momento non era sottoposta a indagini.