
Alessandro Cegna
Zelbio (Como), 11 giugno 2020 - «Quando sei sotto terra pensi solo a razionare la luce del casco e il cibo, perché non sai quanto tempo i soccorritori impiegheranno a tirarti fuori o quello che potranno trovare sopra la tua testa. Ma non ho mai voluto pensarci e, anche quando ho parlato con la mia famiglia, ho cercato di rassicurarli e di non perdere il sorriso». Dopo quattro giorni sotto terra una delle prime che Alessandro Cegna ha voluto fare quando è stato riportato in superficie dagli uomini del Soccorso alpino e dei vigili del fuoco, è stata una foto con il suo «salvatore», il compagno di spedizione Fabio Bollini.
«Gli devo la vita perché se non fosse stato per lui che, quando mi ha visto in affanno durante la risalita, mi ha detto torniamo al campo base – racconta Cegna –, non so dove sarei oggi». Il 41enne di Pollenza, presidente del Tiro a segno di Macerata, infatti, ha avuto un infortunio durante la risalita all’interno dell’Abisso dei giganti (sulle montagne che dominano il lago di Como) ed è rimasto bloccato fino a martedì sera a 250 metri di profondità, insieme alla compagna di spedizione Pamela Romano, in attesa di essere recuperato. «Eravamo partiti venerdì per fare le riprese all’interno della grotta con un drone e saremmo dovuti rimanere fino a domenica – racconta lo speleologo, iscritto al gruppo Alvap di Pioraco –. Eravamo in sei, ma ci siamo divisi in due gruppi da tre per non darci fastidio sulle corde. Dopo aver fatto le riprese, domenica avevamo iniziato a prepararci per la risalita e, invece, all’improvviso molta acqua ha iniziato a entrare nella grotta, per cui abbiamo avviato la risalita in maniera più rapida».
L’acqua che scendeva in abbondanza ha complicato, però, la risalita. «In una strettoia devo aver sbattuto o forzato la gamba, perché ho sentito come una botta sulla tibia – aggiunge Cegna – e dopo a non sentire più la spinta del ginocchio. Così ho provato a continuare la risalita con la forza delle braccia, ma sotto sforzo, con l’acqua che continuava a cadere, ho sentito che non ce la facevo e così ho provato a chiamare i miei compagni. Per fortuna Fabio si è affacciato lungo il percorso, si è accorto che ero in affanno e la prima cosa che mi ha detto è stata di tornare indietro al campo base, altrimenti ci avrei lasciato le penne».
Così i tre sono scesi al campo base e solo lunedì Bollini è potuto risalire in superficie per chiamare i soccorsi. «Quando hanno cominciato ad arrivare i soccorsi ci siamo preparati per la risalita, ma un’altra ondata di acqua ha reso tutto più complicato, così anche i soccorritori si sono fermati al campo base e, solo martedì, siamo potuti uscire – conclude Cegna che oggi tornerà a casa –. Non possono che ringraziare gli uomini del soccorso, perché da solo non so se ce l’avrei fatta. Ho passato una notte in ospedale per gli accertamenti, ma sto bene».