
Le monete ritrovate a Como il 5 settembre del 2018
Como – Un tesoro per tutti tranne che per i suoi scopritori quello di ritrovato a Como il 5 settembre del 2018, durante i lavori di ristrutturazione dell’ex Teatro Cressoni: più di mille monete d’oro risalenti all’epoca romana, tre anelli, una pepita e un lingottino dello stesso materiale. Un valore stimato sul mercato di oltre 9 milioni di euro, probabilmente ben più alto per gli appassionati di numismatica visto che il tesoro era composto da monete degli imperatori Onorio, Valentiniano III, Leone Primo, Artemio e Lidio Severo, pezzi molto rari coniati quanto l’Impero romano d’Occidente era in piena decadenza e si stava rapidamente avvicinando al suo crollo.
"Per me questo è un caso più che eccezionale, è epocale, uno di quelli che segna il percorso della storia – aveva dichiarato l’allora ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’eccezionale ritrovamento – è un messaggio che ci arriva dai nostri antenati”. A pochi anni di distanza la vicenda si è trasformata in una complicatissima vicenda giudiziaria, a suon di ricorsi e controricorsi, tra lo Stato che si è appropriato del tesoro, come prevede la legge, e la società Officine Immobiliari proprietaria del terreno e scopritrice del tesoro.
Il 9 marzo 2021, il Ministero stabilì l’importo della ricompensa da versare a Officine Immobiliari per il ritrovamento delle monete, in 369.041,36 euro, pari al 9,25% del valore stimato di 3,89 milioni di euro. La società ha fatto ricorso al Tar, sostenendo che il Codice dei Beni culturali prevede che il riconoscimento ai proprietari dell’immobile o agli scopritori accidentali debba essere pari a un quarto del valore. Il 30 maggio 2022, il Tribunale amministrativo respinse le richieste di Officine Immobiliari, sostenendo che non era mai stato emesso un provvedimento formale di concessione e che non era chiaro a chi dovesse essere attribuita la paternità del ritrovamento.
Nel febbraio del 2024 il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione riconoscendo che le attività di scavo erano state condotte direttamente dalla proprietà e che il ritrovamento andava attribuito direttamente a Officine Immobiliari. Un anno dopo la sentenza (che ha riconosciuto come una beneficiaria del premio Officine Immobiliari, escludendo la società Teatro Cressoni scarl che si era opposta alla sentenza come soggetto terzo in quanto esecutrice dei lavori) il Ministero dei Beni Culturali continua a sfuggire al confronto per non pagare.
“È stato incredibilmente sostenuto che siccome il Ministero, pur potendolo fare, per prassi non vende mai i beni archeologici, essi avrebbero valore commerciale zero –spiegano i legali della società comasca –. Nel contempo viene riconosciuto che sul mercato internazionale le monete valgono milioni e milioni di euro”. La speranza adesso è in un intervento del ministro Alessandro Giuli.