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Il salario minimo più alto al mondo: il Ticino vota sì a 3.400 euro al mese

La decisione potrebbe avere effetti anche su 20mila frontalieri italiani

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Varese, 15 maggio 2015  - Sì al salario minimo più alto del mondo da 3.400 euro al mese. Lo hanno stabilito gli elettori ticinesi, chiamati ieri alle urne per una riforma della Costituzione del Cantone che potrebbe avere effetti immediati su circa 20mila frontalieri italiani. Il 54% di chi ieri è andato a votare ha deciso di appoggiare l’iniziativa referendaria «Salviamo il lavoro in Ticino», proposta dai Verdi e sostenuta da una larga coalizione bipartisan che include socialisti e Lega dei Ticinesi, il partito della destra populista che ha fatto della lotta al frontalierato il proprio cavallo di battaglia.

L’idea dei promotori è di garantire un salario dignitoso a tutti i lavoratori, che significa elevare gli stipendi e quindi frenare il ricorso spericolato alla manodopera italiana. Il meccanismo votato prevede che il Consiglio di Stato, il governo cantonale, introduca una soglia minima di stipendi in base a «una percentuale del salario mediano nazionale per mansione e settore economico», escludendo chi già oggi abbia uno stipendio stabilito da un contratto collettivo, ovvero non più del 40% delle professioni. Una cifra variabile quindi, settore per settore, ma che non dovrebbe essere inferiore ai 3.500 franchi lordi mensili per 12 stipendi, in base alla definizione di «lavoro dignitoso» data da un tribunale federale. Ossia 500 franchi in meno rispetto alla proposta bocciata alle urne, questa volta federali, poco più di un anno fa dal 76% dei votanti. Per gli effetti del cambio però, quei 4.000 franchi proposti e bocciati dalle urne nel maggio 2014 equivalevano a circa 3.300 euro, oggi invece 3.500 franchi sono 3.400 euro.

A guadagnare oggi meno di 3.500 franchi in Ticino sono di 17.600 lavoratori, il 15% del totale, di cui oltre 10mila frontalieri. Sono invece 9.400 circa quelli che guadagnano meno di 3.000 franchi al mese, tra loro soprattutto donne e frontalieri italiani. Inoltre si calcola che circa la metà dei 62mila frontalieri italiani – di cui circa 27mila varesini, e 25mila comaschi – non sia coperta dalle tutele di un contratto collettivo di lavoro e si metta quindi nelle mani dei datori di lavoro per quantificare lo stipendio, scendendo talvolta anche sotto i 2.000 euro mensili. Che il referendum possa produrre presto i propri effetti non è certo: già gli elettori di Giura e Neuchâtel hanno approvato referendum simili, ma nessuna modifica costituzionale è ancora stata fatta per via di problemi giuridici. Già ieri il Consiglio di Stato ticinese ha quindi ribadito che l’attuazione dei nuovi dettami costituzionali voluti dalle urne non sarà semplice. "E' una decisione storica per il Cantone – spiega Sergio Aureli del sindacato ticinese Unia –. Gli elettori hanno scelto di intervenire alla testa del sistema. D’ora in avanti in Ticino la manodopera sarà scelta in base alla qualità e non alla possibilità di poterla pagare poco sfruttando così il meccanismo del dumping salariale".