Strage di Erba, il tutore di Rosa e Olindo chiede la revisione della sentenza. Cosa succede adesso

L’avvocato, che fa da tutore dei coniugi Romano, sollecita la riunione della sua istanza con quella del magistrato milanese Tarfusser

Rosa Bazzi e Olindo Romano durante il processo

Rosa Bazzi e Olindo Romano durante il processo

Como, 31 agosto 2023 - Un'istanza di revisione della sentenza di condanna all'ergastolo di Olindo Romano e Rosa Bazzi per la strage di Erba dell'11 dicembre del 2006 è stata presentata alla Corte d'appello di Brescia dal tutore dei due coniugi, l'avvocato Diego Soddu, dopo quella del sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser. A quanto si è saputo, nella richiesta, il tutore dei coniugi Romano sollecita che la sua istanza sia riunita a quella del magistrato milanese. I giudici bresciani dovranno decidere sull'ammissibilità di entrambe le richieste e sulla loro eventuale unificazione. Il tutore rientra tra le persone legittimate a chiedere la revisione della sentenza.

Rosa e Olindo vennero ritenuti colpevoli della strage condominiale in cui persero la vita Raffaella Castagna, la madre Paola Galli, il piccolo Youssef Marzouk e Valeria Cherubini, moglie di Mario Frigerio, ferito ma sopravvissuto

Scontro tra toghe 

Sulla vicenda di Rosa e Olindo è in atto al momento uno scontro tra toghe. La Procura generale della Cassazione ha infatti trasmesso gli atti alla sezione disciplinare del Csm chiedendo di giudicare l'operato del sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser, per le modalità con cui ha proposto la revisione del processo sulla strage di Erba avvenuta nel 2006.

In base alla segnalazione della procuratrice generale milanese Francesca Nanni, avrebbe “violato i doveri di correttezza, riserbo ed equilibrio” e non si sarebbe attenuto al “documento organizzativo dell'ufficio”.

Tarfusser in buona sostanza ritiene che l’ergastolo sia un errore giudiziario ma all’interno del suo ufficio non la pensano come lui e l’ultima parola per presentare istanza di revisione sarebbe spettata alla procuratrice generale che dunque ha segnalato l’accaduto al Consiglio superiore della Magistratura.