REDAZIONE COMO

Si congeda la memoria storica del Bassone

Dopo 35 anni lascia la divisa Domenico Isdraià, ispettore superiore. "Ricordo i maxi processi, i grandi criminali e i fatti di ogni giorno"

di Paola Pioppi

"È arrivato il momento di separarmi dalla divisa che ho indossato con orgoglio e passione per tanti anni, che mi ha regalato momenti di gioia, preoccupazioni e tensioni". Dopo 35 anni passati al Bassone, a fine anno si è congedato Domenico Isdraià, ispettore superiore, ma soprattutto figura di riferimento per 35 anni della casa circondariale comasca. Dopo i primi anni a Messina, nel 1985 era stato trasferito a Como: una struttura che si inaugurava quell’anno, e che non ha mai più lasciato. "Ho conosciuto i grandi criminali e i delinquenti comuni quando in cella ospitavano quasi esclusivamente italiani – racconta Isdraià –, ho visto l’attuazione della riforma del Corpo che gli dava una nuova denominazione: non più Agenti di Custodia, ma Polizia penitenziaria. Ho assistito alla sindacalizzazione e ho visto il carcere aprirsi alla società esterna con l’ingresso di educatori, psicologi, assistenti sociali, associazioni di volontariato".

Assegnato inizialmente al reparto sanitario, ha vissuto l’epoca dei maxi processi: tra questi, “I fiori della Notte di San Vito“ nel ’94, o “Isola felice“ nel ’97, centinaia di arresti sfociati in sette ergastoli e 500 anni di pena complessiva. "Ricordo – prosegue – come il piazzale della caserma era diventato un luogo dove ogni mattina si radunavano decine di carabinieri per pianificare le traduzioni, mentre dal prato antistante partiva l’elicottero che seguiva il corteo delle forze di polizia". Per questi processi, accanto al Bassone era stata realizzata l’aula bunker: "Utilizzata non più di 3 o 4 volte, poi abbandonata". Anni in cui il carcere comasco ospitava anche una sezione di alta sicurezza: "Nomi di spicco, mafiosi e appartenenti a ogni genere di organizzazione criminale, ma anche soggetti sottoposti al regime speciale del 41 bis". Ma la vita del carcere è fatta anche di un’importante quotidianità, e i ricordi si sovrappongono: "Ricordo – prosegue – il salvataggio di un detenuto che aveva tentato il suicidio tagliandosi il collo da entrambi i lati con una lattina. L’ho soccorso come meglio ho potuto, anche perché all’epoca non era presente lo staff sanitario. Lui si era salvato, e tu torni a casa soddisfatto di quello che hai fatto. Quando invece non ce la fai a intervenire in tempo, nonostante tutte le energie a disposizione, quel decesso te lo porti dentro di te, non te lo dimentichi più".

Il Bassone ha vissuto la Febbre Q che aveva contagiato agenti e detenuti, molto prima del Covid-19: "Virus che è riuscito a entrare anche negli istituti di pena, seminando sconforto in luoghi già saturi di tanti problemi". In tanti anni, conclude "ho visto il Corpo crescere, distinguersi per attività e competenze: dalla polizia al recente prelievo del Dna".