di Paola Pioppi
Davanti al giudice, ieri mattina, è finita con l’accusa di aver violato la tomba del marito e rubato l’urna cineraria. Ma la donna, Roberta Bordoli, 58 anni di Como, si è difesa, sostenendo che mai avrebbe commesso un gesto del genere, e che nemmeno sarebbe stata fisicamente in grado di mettere a segno una simile devastazione. Il Gup di Como l’ha rinviata a giudizio, rinviando la discussione al processo dibattimentale fissato per il prossimo dicembre. I fatti sfociati nell’accusa di vilipendio della tomba e soppressione di cadavere per la sparizione dell’urna cineraria, risalgono al 31 gennaio dello scorso anno, quando i carabinieri avevano ricevuto la denuncia della deturpazione di una tomba all’interno del cimitero di Monte Olimpino.
Era l’unica danneggiata, dove riposavano padre e figlio, e questo aveva subito fatto accantonare l’ipotesi di un raid vandalico. Quella mattina era stata trovata forzata, con la lapide frantumata e la fotografia del figlio strappata. Ma soprattutto, avevano rubato l’urna con le sue ceneri. Attorno al loculo i carabinieri non avevano trovato impronte o tracce utili a risalire a chi aveva commesso quella devastazione, ma da una serie di informazioni raccolte durante le indagini era emerso che la vedova aveva un cattivo rapporto con la famiglia del marito, e che aveva apertamente contestato sia quel genere di sepoltura, sia la foto scelta per la lapide, che a lei non le piaceva.
Al punto da interpellare un’impresa di pompe funebri e chiedere quale fosse l’iter per un cambio di sepoltura. Per contro, non erano emerse criticità o inimicizie nei trascorsi dell’uomo, che potessero motivare un simile accanimento. I militari avevano quindi proceduto con un accertamento a casa della Bordoli, dove era stata trovata una fotografia identica a quella sparita dalla lapide. Ma non l’urna cineraria, mai più ritrovata.
Ieri gli avvocati della donna, Barbara Gatti e Marco Destro, hanno prodotto la documentazione medica relativa agli interventi subiti per ernie discali cervicali e lombari, che le hanno prodotto una invalidità al 75 per cento, che le rende impossibile scavalcare una recinzione come quella del cimitero e fare un lavoro di forza. Ma questa difesa, dovrà ora essere riproposta al giudice del dibattimento.