Rapinatore “bloccato“ in Albania. Processo da rifare dopo undici anni

Riparte il processo a Denis Mejdani, accusato di rapine nel 2013. Cassazione accoglie ricorso per legittimo impedimento non riconosciuto.

Rapinatore “bloccato“ in Albania. Processo da rifare dopo undici anni

Il nuovo processo è ricominciato

A distanza di undici anni dai fatti per i quali era stato già condannato, ieri è ripartito da zero il processo a carico di Denis Mejdani, albanese di 35 anni all’epoca domiciliato ad Albavilla, accusato di aver fatto parte di una banda di rapinatori, due italiani e quattro albanesi, che tra settembre e ottobre 2013, aveva realizzato nove rapine nella zona dell’Erbese, alternandosi nei ruoli e nella partecipazione ai colpi. Supermercati, uffici postali, negozi e un’agenzia ippica. In tutto un bottino complessivo di oltre 25mila euro. In particolare, Mejdani era stato accusato di due rapine, all’Eurospin di Merone e all’U2 di Albavilla, per le quali era stato condannato a sei anni di reclusione. A rimandare il fascicolo a Como, è stata la Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso del difensore relativo a un legittimo impedimento non riconosciuto durante il processo di primo grado. In particolare, all’udienza del settembre 2017, il Tribunale di Como aveva rigettato la richiesta della difesa di rinvio per legittimo impedimento dell’imputato, che si trovava in Albania privo di passaporto: gli era stato sequestrato dalle Autorità del Montenegro in quanto ritenuto falso. Il secondo passaporto, gli era stato rilasciato successivamente all’udienza.

In quell’occasione erano stati sentiti diciotto testimoni dell’accusa e il consulente del Pubblico Ministero, "in assenza del ricorrente – dice la Suprema Corte - legittimamente impedito a comparire, in violazione delle citate norme, poste a tutela del contraddittorio e della partecipazione dell’imputato al processo penale".

L’imputato, proseguono i giudici, "fu presente alla successiva udienza quando rese dichiarazioni spontanee: quest’ultima circostanza, però, non dimostra affatto che sia stato pienamente rispettato il suo diritto di difesa e il diritto di partecipare al processo, atteso che alla precedente udienza erano stati esaminati ben diciotto testimoni indotti dall’accusa e il consulente del Pubblico Ministero". E conclude: "Erroneamente, pertanto, si è dato corso all’istruzione dibattimentale, nel giudizio di primo grado, pur in assenza dell’imputato, legittimamente impedito". Ieri, imputato presente in aula, sono stati nuovamente convocati i testimoni, per ricordare fatti di undici anni fa. Per arrivare a una nuova sentenza saranno necessari diversi mesi, per consentire la produzione degli atti e la deposizione dei testimoni.

Paola Pioppi