"Cavalli di razza" a loro insaputa. "I soldi e le frodi? Abbiamo capito solo dopo"

Il processo per il vasto giro di frodi finanziarie che finanziavano la ’ndrangheta. Due imputati: "Ci davano denaro e aprivano di continuo cooperative, solo dopo abbiamo capito perché"

Il pm della Dda Pasquale Addesso

Il pm della Dda Pasquale Addesso

Como - "Avevo accettato di fare da prestanome in alcune cooperative per conto di mio fratello Massimiliano, che è un bravo commercialista, e venivo pagato 250 euro al mese per ogni cooperativa. Mi faceva comodo perché mi lasciava il tempo di occuparmi della mia famiglia". Le testimonianze degli imputati Rocco Marcello Ficarra, 58 anni di Castronno e del fratello Daniele, 45 anni di Gioia Tauro hanno concluso ieri l’elenco dei testi chiamati dall’accusa nel processo a Como, stralcio dell’indagine "Cavalli di razza" della Dda di Milano, condotta dai magistrati milanesi Pasquale Addesso e Sara Ombra.

Gli addebiti

I due sono accusati di aver preso parte a un sistema di gestione contabile delle cooperative create a Como dal fratello, il commercialista Massimiliano Ficarra, 53 anni di Lomazzo, che avrebbe messo le sue competenze a disposizione dell’ideazione e realizzazione delle frodi finanziarie. Numerose frodi fiscali e bancarotte societarie, i cui proventi sarebbero stati utilizzati per finanziare l’associazione criminale di cui, secondo le accuse, facevano parte anche i tre fratelli Ficarra.

"Non so perché aprivano tutte queste cooperative – ha proseguito Rocco Marcello Ficarra – l’ho capito solo dopo. Ad un certo punto hanno avuto bisogno di altre persone per le cooperative, così ho coinvolto la mia compagna per 500 euro al mese".

L'autodifesa: "Non sapevamo niente"

Rocco Marcello si sarebbe messo a disposizione anche come accompagnatore in viaggi tra Lombardia e Calabria: in una occasione lui e Cesare Pravisano erano stati controllati dalla polizia stradale di Parma, e trovati con 100mila euro in contanti: "Ma io non ne sapevo niente – ha detto – mi davano 100 euro per accompagnarli perché conosco le strade". Il fratello Daniele, interrogato sui soldi che riceveva, ha sostenuto che fossero regali dei familiari: "Sono un giocatore incallito, avevo debiti con tutti che non ho ancora estinto, i miei parenti mi davano continuamente soldi per cercare di sanare. Una volta ho vinto 500mila euro al Casinò di Campione, mi sono durati un mese. Sapevano che avevo questi problemi e mi aiutavano".