Mariano, in aula il prete denunciato da Salvini: "Non chiedo scusa"

In aula don Alberto Vigorelli, il prete denunciato da Salvini per la frase “O sei cristiano o sei di Salvini“."Io non l’ho offeso"

Don Alberto Vigorelli

Don Alberto Vigorelli

Mariano Comense (Como), 19 febbraio 2020 - «O sei cristiano o sei di Salvini...»: questa frase, pronunciata dal pulpito da don Alberto Vigorelli, 80 anni, sacerdote della parrocchia di Santo Stefano di Mariano Comense, durante la messa delle 10 del 6 novembre 2016, ieri lo ha trascinato davanti al Giudice di pace di Como, con l’accusa di diffamazione. A sporgere denuncia era stato lo stesso Matteo Salvini, che si è anche opposto alla richiesta di archiviazione del sostituto procuratore di Como Massimo Astori, sfociata in una imputazione coatta. Ieri l’udienza è stata aggiornata al 14 maggio, mentre dentro e fuori della palazzina si teneva il sit in di decine di sostenitori del sacerdote, che all’uscita ha commentato: «Non ho capito perché vuole delle scuse, io non l’ho offeso…».

Si riferiva a quando dichiarato lunedì dall’ex ministro degli Interni attraverso i suoi canali social: «Se questo prete, che mi odia – ha detto - chiederà scusa e devolverà 1000 euro a una Onlus che si occupa di disabili, pace fatta e amici come prima». Ma l’avvocato comasco Oreste Dominioni, che assiste Don Vigorelli, ha ribadito che il sacerdote «ha predicato il Vangelo quel giorno, un’azione per la quale non può scusarsi». La frase era stata pronunciata al termine della lettura di un passaggio del Vangelo secondo Matteo, contenuto nel Nuovo Testamento, che recita: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto».

A commento di tale concetto, il sacerdote aveva quindi aggiunto la considerazione finita incriminata, che la rappresentanza cittadina della Lega Nord, e in particolare l’ex sindaco di Mariano Comense Alessandro Turati, aveva riportato al leader del partito. Il sostituto procuratore di Como Massimo Astori, titolare del fascicolo, aveva chiesto l’archiviazione, sostenendo che non sussistano i presupposti della diffamazione o di una offesa penalmente rilevante, ma solo «impliciti giudizi a carattere negativo sulla figura politica che, seppure fuori luogo, non assurgono a offesa della sua reputazione, ma integrano una sottintesa critica politico-sociale e una disapprovazione del religioso verso contenuti, peraltro non specificati, ritenuti incompatibili con la morale cristiana». Tuttavia il Giudice di Pace aveva disposto l’imputazione coatta, sfociata nel procedimento che si è aperto ieri.