Olindo e Rosa colpevoli, per la Corte di Assise di Como non ci sono dubbi: 300 pagine per motivare la condanna

Strage di Erba, dalla testimonianza di Mario Frigerio alla corretta analisi della traccia di sangue: contestualizzato ogni elemento entrato nelle indagini e nel processo

Olindo Romano e Rosa Bazzi

Olindo Romano e Rosa Bazzi

Erba (Como) – “Ritrattare significa ripercorrere le dichiarazioni rese per smentire le originarie ammissioni di colpevolezza, offrendo una spiegazione coerente e dettagliata delle ragioni che avevano spinto all’autocalunnia per fatti di una gravità inenarrabile. Significa rendere conto di come si sia potuto, in diverse sedi e a più riprese, articolare un racconto preciso e circostanziato sugli accadimenti, pieno di particolari che poteva conoscere solo chi è stato sulla scena del delitto, di particolari che trovano reciproco completamento nelle due confessioni… coerenti e sovrapponibili agli esiti di tutti gli accertamenti”.

In quasi 300 pagine di motivazione, i giudici della Corte di Assise di Como nel 2008 avevano dettagliatamente contestualizzato ogni elemento entrato nelle indagini e nel processo. Mantenendo fermi quei passaggi che fin dall’inizio erano apparsi fondamentali, gli stessi che vengono citati oggi nella richiesta di revisione del processo: il riconoscimento di Olindo Romano da parte di Mario Frigerio, la macchia di sangue trovata sul battente dell’auto dei due coniugi e le confessioni. “La ricostruzione offerta dagli imputati in ordine ai tempi e ai modi delle presunte pressioni subite – dicono i giudici - ha trovato secca smentita in pubblico dibattimento”. Perché “alcuni dei particolari raccontati non erano mai stati divulgati neppure dai media, altri non erano stati considerati dagli inquirenti, anche se poi pienamente riscontrati in sede di approfondimenti tecnici”.

Relativamente alla gestione della traccia ematica proveniente dal battente dell’auto, “il dott. Previderè in udienza ha dato conto degli accertamenti da lui personalmente svolti, .. e confermato di avere disposto specifici test di controllo, per essere sicuro dell’assenza di contaminazioni”, dettagliando ulteriormente modalità tecniche di prelievo e gestione di tale reperto.

Infine il riconoscimento di Olindo Romano da parte di Mario Frigerio, e i momenti dell’aggressione rivissuti nell’udienza del 26 febbraio 2008: “Ho l'assoluta certezza che era lui – aveva detto - gli sono andato proprio vicino e mi ha chiuso la porta in faccia…. Poi la porta si è aperta e mi sono sentito trascinare dentro, giù per terra… Ha iniziato a picchiare, sentivo un dolore fortissimo… mi picchiava. Lui era sopra a cavalcioni… Mentre mi tagliava sentivo mia moglie che chiedeva aiuto… In ospedale non mi uscivano le parole. La mia intenzione era di dire ‘si è lui’, e lo dirò tutte le volte. Era l'Olindo, lo dirò per tutta la vita, perché è la sacrosanta verità… Ma volevo capire perché mi aveva fatto questo… era un vicino di casa a cui non avevo mai fatto niente.. volevo capire”.