PAOLA PIOPPI
Cronaca

Mini evasori seriali al confine tra Como e Brogeda: ecco come gli spalloni portano tesori in Svizzera

Infiniti passaggi con “solo” 10mila euro, soglia consentita. Può bastare il foglio di controllo alla Dogana a dare l’allarme. Una rete di dati incrociati che mappa le strade del crimine

Un controllo della guardia di finanza

Un controllo della guardia di finanza

Il valico autostradale di Brogeda è uno spazio fisico di poche decine di metri quadrati, spartito tra Italia e Svizzera. Ogni giorno transitano migliaia di veicoli nelle due direzioni: un concentrato di umanità, professioni, condizioni sociali, pezzi di vita. Partenze e ritorni a casa, abitudini e necessità. Ma soprattutto, quelle corsie che si stringono a imbuto nel momento in cui devono sfilare davanti ai posti di controllo, racchiudono un cuore potentissimo, il punto nevralgico dell’Europa nella sua traiettoria da Sud a Nord.

Da qui si passa per lavoro, per svago, per andare e tornare dalle vacanze, per fare shopping oltreconfine, ma anche per commettere reati. Di ogni genere, un numero incalcolabile che da sempre mantiene alta la necessità da parte dello Stato, di trovare forme di contrasto e di arginamento di quei flussi di droga, armi, denaro, merci e persone che passano dalla frontiera. Cercando di mischiarsi nella massa, di non dare nell’occhio, di essere sempre un passo avanti nel trovare un escamotage a cui nessuno ha ancora pensato. In questi ultimi anni, il lavoro di contrasto della Guardia di finanza in servizio lungo il confine comasco si è concentrato principalmente sul recupero di valuta.

Il vero e unico contrabbando, è ormai solo questo: il denaro. Non solo le grosse cifre, apparentemente allettanti ma sempre frutto di una contingenza che non porta a niente altro rispetto a quello specifico sequestro. Quello che veramente interessa, sono i passaggi delle piccole cifre, sotto la soglia del limite consentito: i 10mila euro che non è obbligatorio dichiarare in dogana. Perché in un’epoca in cui tutto ormai viene pagato elettronicamente, e anche il caffè al bar si liquida con una strisciata di carta di credito o un telefono cellulare avvicinato al pos, novemila euro in contanti nel portafogli di chi viaggia verso la Svizzera, qualche dubbio lo fanno sorgere. Sono considerati potenziali indicatori di qualcosa di più grande: soggetti incaricati di transitare più volte, spesso scegliendo differenti valichi, attenti a non trasportare contanti oltre la soglia consentita. Così per far uscire dall’Italia 100mila euro servono dieci viaggi, ma con la certezza che ogni centesimo arriverà a destinazione. La legge prevede infatti il sequestro e la successiva applicazione di una sanzione per le cifre eccedenti la soglia consentita.

In ottobre, due coniugi cinquantenni residenti in Grecia in viaggio sul treno Lugano-Milano, erano stati trovati con un milione e mezzo di euro, non dichiarato al momento del controllo. Decine di biglietti da 500 euro infilati ovunque: in tasca, nel portafogli, nei bagagli. Gli era stata sequestrata la metà della somma, in attesa del pagamento della sanzione che viene fissata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Ma oggi, chi va incontro a questi sequestri così ingenti, con i soldi nascosti in modo banale, è quasi sempre lo straniero sprovveduto che sta trasportando suoi capitali. Vicende che si aprono e si chiudono subito. Al contrario, quello che genera indagini e il recupero di milioni di euro, è la capacità di monitorare il frazionamento dei transiti di denaro e della documentazione fiscale, o indicativa della presenza di capitali non conosciuti. In questi casi, la prima azione che viene compiuta è un verbale, obbligatorio per ogni controllo. Nero su bianco finiscono i dati del soggetto, il luogo e l’ora, la provenienza, le eventuali dichiarazioni, cosa aveva al seguito. Soldi, estratti conto, certificati assicurativi, informazioni su quote societarie. La casistica è sterminata, ma qualunque cosa, anche se legittimamente posseduta in quel momento, diventa utile per far partire accertamenti.

A Como non rimane quasi nulla: queste informazioni viaggiano in tutta Italia, vengono trasmesse ai reparti territoriali della Guardia di finanza in cui risiede la persona controllata. Si procede a verificare chi è il soggetto, quali sono i suoi redditi, i suoi eventuali precedenti penali o le frequentazioni di interesse. La compatibilità delle sue disponibilità economiche con le cifre in contanti che aveva in tasca, o la sua relazione con le documentazioni che portava con sé. Se da tutto questo non emergono criticità, l’accertamento si chiude. Ma se qualcosa non torna, se dagli archivi esce la segnalazione di quando il soggetto era in auto con un pregiudicato, o quella di mesi prima, quando era già stato trovato in viaggio lontano da casa con troppi euro in tasca, l’indagine si mette in moto. Vale tutto, e tutto può essere utile, può assumere lo status di "indicatore".

Possono emergere vicinanze con contesti criminali di qualunque natura, conoscenze o frequentazioni con altre persone incappate in segnalazioni analoghe, incongruenze. Da questi accertamenti, nascono le indagini che portano a scoprire evasioni fiscali, riciclaggi di denaro, esteroverstizioni e reati fiscali internazionali, triangolazioni societarie e tutto ciò che popola il ricco e complesso panorama dei reati transfrontalieri e dei flussi di denaro diretti verso paradisi fiscali. Sono lavori lunghi e articolati, che spesso devono fare i conti con la poca collaborazione dei Paesi esteri nel fornire informazioni, ma che danno risultati enormi. Il recupero di milioni di euro a favore dello Stato italiano, ormai sempre più spesso parte da un foglio compilato in un ufficio a ridosso del confine comasco, che nel giro di poche ore si mette silenziosamente in viaggio e inizia a lavorare.