Como, evaso libero (per ora): stanarlo costa troppo

Quindici giorni di fuga fra i boschi per Massimo Riella. Elicottero, uomini e cani. Ma ora si punta alla sorveglianza e all’indagine

Massimo Riella

Massimo Riella

Gravedona ed Uniti (Como) - Dopo due settimane di ricerche dell’evaso Massimo Riella, le squadre delle forze di polizia impegnate nella sua individuazione sono sparite dai boschi e dallo stesso territorio impervio su cui si concentrano le attenzioni.

L’interesse nei confronti della caccia al quarantottenne di Gravedona, nel Comasco, sparito mentre andava a fare visita alla madre nel cimitero della frazione Brenzio la mattina del 12marzo, non è certamente venuto meno, ma i costi di una ricerca che tiene impegnato un incalcolabile numero di uomini, cani molecolari e l’elicottero, che mobilita l’attività di diversi reparti di polizia e carabinieri, sembra quasi che stiano iniziando a risultare sproporzionati rispetto al soggetto con cui si devono confrontare: un uomo che, per quando la sua fuga abbia suscitato grande clamore e la sua cattura sia molto importante, rimane un detenuto comune.

Tra gli aspetti che preoccupano gli investigatori, c’è certamente una nota propensione alla violenza da parte di Riella, dimostrata ampiamente con le condotte di questi ultimi anni, tra cui la rapina commessa a sera del 9 ottobre nell’abitazione di due anzianissimi coniugi, un uomo di 91 anni e una donna di 88, aggrediti, gettati a terra e lasciati sanguinanti a causa dei traumi subiti, per un bottino di appena 700 euro. Un’accusa che, sebbene lui continui a negare, al momento sembra essere confortata da una serie di forti indizi, tra cui testimonianze, e che potrebbe essere ulteriormente rafforzata dall’esito di alcuni accertamenti biologici e tecnici tuttora in corso. Il ricercato risponderebbe alle caratteristiche di quell’uomo, giacca militare verde e passamontagna, visto dalle telecamere nel cassone di un motocarro, mentre si allontanava dalla zona della rapina.

Ma la situazione è forse complicata dall’ambiente. Perché nei confronti di Massimo Riella molti nutrono una sorta di stima e ammirazione, soprattutto chi ne condivide lo stile di vita a cavallo tra bracconaggio e illeciti di varia natura. Molti altri, invece, sono portati al silenzio per un sentimento diverso: la paura. Il timore di trovarselo in casa, come accaduto ai due anziani, per dover appagare necessità momentanee di suo interesse. Per questo, l’immagine un po’ romantica di un uomo che si è rifugiato nei boschi e si ciba di fiori commestibili e radici, lascia spazio a una versione più pragmatica a credibile: quella di un fuggiasco che ha trovato alloggio da amici e che, per il momento, riesce a sopravvivere senza grandi esigenze. Una condizione che potrebbe essere destinata a non durare a lungo. Gli inquirenti, insomma, tengono la zona monitorata e aspettano di afferrare la traccia giusta per riportare Riella dietro le sbarre del carcere da cui aveva già tentato di scappare a gennaio, arrampicandosi sul tetto del penitenziario comasco.