Dal Lario ai Balcani sognando di scomparire: al capolinea la corsa di Massimo Riella

Evaso a marzo, l'uomo dal Montenegro progettava di raggiungere l’Africa o il Sud America. Ora lo aspetta l’estradizione

Massimo Riella

Massimo Riella

Gravedona ed Uniti (Como) - Da Gravedona in Montenegro, poi in Serbia e ancora in Montenegro, a Podgorica, dove sabato sera la polizia lo ha trascinato fuori dall’abitazione di chi lo nascondeva. La fuga da Como con ogni mezzo di trasporto, la ricerca difficile di qualcuno che lo aiutasse lontano da casa. La necessità di trovare documenti falsi grazie ai quali sparire per sempre nei Balcani, magari in Albania e da lì in Africa, in Sudamerica. Far dimenticare il suo nome. Andarsene in un Paese qualunque senza estradizione. Gli ultimi giorni di Massimo Riella, dopo l’evasione dal cimitero di Brenzio del 12 marzo, sono ancora da ricostruire, ma una cosa è certa: la frenesia con cui ha vissuto gli ultimi quattro mesi, in eterna fuga nascosto tra gli alpeggi e le case di chi lo ha aiutato, si è moltiplicata a dismisura nel momento in cui ha deciso di allontanarsi da questo mondo. Quello in cui è cresciuto, di cui conosce ogni centimetro quadrato, ma anche quello in cui ha incontrato tutti i giudici che lo hanno accusato e condannato, e che ora lo vogliono in carcere per una rapina commessa a ottobre a due anziani, nella loro abitazione.

Forse da qui non se ne sarebbe mai andato se nelle ultime settimane la polizia penitenziaria di Milano e di Como, e i carabinieri di Menaggio, non avessero sempre più aumentato le pressioni attorno a lui. Massimo Riella non si trovava, seppure nella certezza che fosse nei paraggi e che contasse sull’aiuto di diverse persone. Ma quel territorio, e chi lo popola, potevano essere controllati, osservati, costretti a una convivenza con le forze di polizia, che per loro è improponibile e insopportabile. Da inizio luglio, le attenzioni degli investigatori del Nucleo Investigativo della Polizia Penitenziaria, si erano però spostate su tutt’altro fronte, maturando sempre di più la certezza che Riella fosse riuscito ad allontanarsi dal Comasco. In che modo è ancora oggetto di indagini, così come non si sa nulla di certo dei suoi progetti di ulteriore fuga, ma nel frattempo erano stati ottenuti dall’autorità giudiziaria due provvedimenti, utili a poter intervenire nei due casi possibili.

Da un lato un mandato di cattura internazionale, emesso dal giudice di Como Carlo Cecchetti, valido per i Paesi dell’area Schengen. Dall’altro una domanda di estradizione, emessa dalla Procura Generale, il provvedimento che si è reso necessario nel momento in cui si è arrivati alla certezza che il quarantottenne latitante fosse a Podgorica. Una volta varcato il confine, pare che si sia spostato più volte tra Serbia e Montenegro, forse senza riuscire a trovare chi gli garantiva un aiuto stabile, fino a stabilirsi nella capitale, a casa di un soggetto del posto che, secondo le prime informazioni, avrebbe a sua volta guai con la giustizia. Ma a quel punto, gli inquirenti italiani erano già in contatto da giorni con il servizio di cooperazione internazionale dell’Interpol. Mancava solo un indirizzo certo, un’abitazione verso cui indirizzare l’irruzione delle forze speciali Montenegrine. È avvenuta sabato sera poco prima delle 22, quando tutte le informazioni sono diventate certezza. Ora Riella si trova in carcere in Montenegro, in attesa delle procedure di estradizione che potrebbero richiedere qualche settimana.