Paola Pioppi
Cronaca

Gravedona, al posto di blocco spunta la mitraglietta del partigiano che catturò Mussolini

Scoperta nel baule dell'auto del nipote di "Ardente", uno dei partigiani che presero parte alla cattura e all'uccisione del Duce

Partigiani

Gravedona (Como), 26 settembre - Perfettamente funzionante dopo oltre settant’anni, nascosta in una custodia di violino avvolta in un telo, all’interno del baule dell’auto guidata da Andrea Bosisio, trentenne di Gravedona, che la sera del 22 luglio 2014 viaggiava sulla statale Regina. Quando i carabinieri di Menaggio gli hanno chiesto di mostrare il contenuto di quella custodia, è spuntata una mitraglietta Beretta calibro 9 parabellum. Arma illegale che risale alla Seconda guerra, ma tenuta in ottime condizioni.

Per quel trasporto e detenzione illegali, Bosisio ha patteggiato sei mesi di condanna con pena sospesa, ma la storia di quel moschetto automatico, merita un po’ di attenzione. Perché il nonno dell’imputato si chiamava Arno Bosisio, detto «Ardente», ed era uno dei partigiani, una cinquantina in tutto, che hanno preso parte, da protagonisti o da spettatori, alla cattura e all’uccisione di Benito Mussolini e Claretta Petacci fra Dongo e Mezzegra. Quella mitraglietta Beretta si è lasciata alle spalle la Seconda Guerra e ha attraversato un secolo, per rispuntare solo pochi mesi prima, come ha dichiarato il trentenne al momento del fermo. Bosisio l’avrebbe trovata durante la ristrutturazione dell’abitazione dei genitori, intuendo subito che molto probabilmente era appartenuta al nonno.

Dopo averla pulita, si era messo d’accordo con un amico, esperto di questo genere di armi, per farla valutare, capire in quali condizioni fosse e comprenderne il valore storico. Con l’intenzione, se ci fossero state le premesse, di cederla all’Associazione Partigiani e donarla a un museo. Bosisio non sapeva che quel trasporto fatto di nascosto lo avrebbe messo nei guai, unito alla sfortuna di incappare in un posto di controllo dei carabinieri. Il giudice, nel ratificare il suo patteggiamento, ha disposto che l’arma, ora confiscata, sia inviata all’artiglieria competente per il Tribunale, per valutare il valore storico e farla assegnare a una collezione o un museo.

Così l'intento di Andrea Bosisio sarà comunque realizzato, messa da parte quella parentesi in cui si è infilato detenendo e trasportando il fucile senza sporgere denuncia ai carabinieri. Non si sa molto altro di questa mitraglietta: Arno Bosisio, membro del Cnl di Dongo, fu catturato assieme alla moglie nel dicembre 1944, incarcerato e torturato a San Donnino. Era stato uno degli uomini di riferimento della Resistenza in Alto Lago, e il suo nome compare in tutti gli studi che hanno ricostruito quegli anni, ma soprattutto le ore della cattura di Mussolini e della Petacci. Morì a 37 anni nel 1947, si dice per le conseguenze delle torture subite durante la cattura. Quel fucile era già nascosto, forse nella stessa abitazione dove è stato trovato dal nipote, dopo settant’anni.