Giro di vite sullo smart working a fine pandemia per i frontalieri

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La fine della pandemia ha portato a un giro di vite sullo smart working nei confronti dei frontalieri. Negli ultimi due anni infatti il telelavoro, dapprima osteggiato, poi era stato incentivato, dopo che i sindacati erano riusciti a far riconoscere ai lavoratori la garanzia di continuare a essere pagati con stipendi svizzeri, ma ora la situazione può cambiare. Per ora l’Italia ha prorogato fino a fine giugno l’accordo sullo smart working con la Confederazione elvetica, fino ad allora i frontalieri in telelavoro saranno trattati, a livello di assicurazioni sociali e imposizione fiscale, come se lavorassero in Svizzera. Poi torneranno i regimi ordinari nei vari Stati. I problemi rischiano di essere notevoli ad esempio un datore di lavoro del Canton Ginevra (92.000 frontalieri), per impiegare un dipendente in telelavoro dal proprio domicilio in Francia dovrà, secondo la legge francese, nominare un rappresentante fiscale in Francia. Questo però è proibito dalle attuale leggi del lavoro vigenti in Svizzera, la stessa cosa rischia di accadere per i Cantoni Friburgo e Argovia, mentre Basilea ha aggirato la norma limitando il telelavoro a un solo giorno la settimana, ovvero il 20% del monte ore. Stessi problemi si rischiano con Germania e Austria, i frontalieri residenti in questi Paesi, infatti, potrebbero essere tenuti a versare i contributi sociali in patria anziché in Svizzera se sono impiegati in telelavoro per più del 25% del tempo di lavoro totale: ciò si ripercuoterà sulle assicurazioni sociali, come pensione e assicurazione anti-infortuni. Ciò si tradurrà in un aumento delle trattenute sul salario. Da qui il consiglio alle aziende anche in Canton Ticino, di limitare il telelavoro al 20-25% del monte ore.Ro.Can.