
A effettuare le indagini coordinate dalla Procura di Biella furono gli uomini dell’Arma de
Como - Alla fine, l’archiviazione è arrivata. Impossibile, secondo Procura e Tribunale di Biella, ricavare dalle ceneri una traccia di dna sufficiente ad attribuire identità certe, e un conseguente ruolo di parte offesa, ai parenti dei tantissimi deceduti, la cui cremazione era stata affidata all’impianto di Biella. L’indagine, nel 2018, era sfociata nell’arresto dei gestori dell’impianto, accusati di gravi irregolarità nelle procedure di cremazione: i sospetti erano, tra gli altri, che le ceneri dei defunti fossero state confuse, mischiate o persino gettate tra i rifiuti. In quella prima fase di indagine, erano state individuate una serie di parti lese, ammesse al processo che si era concluso con le condanne dei responsabili. Ma successivamente si erano aggiunte molte altre parti offese, tra cui un gruppo di decine di comaschi: perché il forno di Biella era utilizzato spesso, dopo la chiusura di quello di Como.
Già a gennaio, tutti i familiari dei defunti si erano opposti alla richiesta di archiviazione. Il gip Arianna Pisano, scrive infatti che "gli elementi acquisti e acquisibili durante le indagini, non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio", perlomeno in relazione a singole commessi ai danni delle parti offese. Questi stessi indagati infatti, "sono stati ritenuti responsabili di condotte analoghe a quelle ipotizzate in questo procedimento, ai danni di differenti soggetti". Sono state infatti qualificate come persone offese dei reati di violazione di sepolcro, sottrazione o dispersione di ceneri e truffa, solo nei casi in cui "sia stata accertata, con ragionevole certezza, l’identificazione delle bare attraverso i numeri identificativi nelle riprese effettuate dalla polizia giudiziaria", o in analogo materiale video e fotografico, acquisito durante le indagini. Ma per una quantità di parenti, prosegue il giudice "non è stato possibile risalire a identificazione certa per le odierne parti offese, né risulta fattibile alla luce degli atti di indagine". Il provvedimento conclude affermando che riguardo al "vilipendio e occultamento di cadavere, non sono emersi elementi tali da far ritenere che gli indagati abbiano nascosto le salme".