
La Digos in azione: l’attività di controllo ha smascherato giovani attivisti
"Questo è il mio gruppo di fascisti… dobbiamo riorganizzare le camicie nere, racimolare più soldi possibili per la propaganda e l’acquisto di armi… picchiare molestatori e borseggiatori con i manganelli". Nelle sue chat e profili social su varie piattaforme, da un paio d’anni si presentava come il punto di riferimento di un movimento finalizzato a "prendere il potere con una seconda Marcia su Roma e portare il Paese fuori dal letame". Un’attività serrata, fortemente connotata dal punto di vista ideologico e razzista, che non è passata inosservata alla Digos di Como: un diciassettenne residente nel Canturino, raggiunto ieri mattina da una misura cautelare emessa dal Gip per il Tribunale dei Minorenni di Milano. Per due mesi gli sarà vietato utilizzare telefoni cellulari, computer, tablet e ogni strumento informatico che gli consenta l’accesso a internet, a eccezione dell’impiego in ambito scolastico sotto la supervisione di insegnati e familiari. Misura che, se violata, sarà aggravata con l’obbligo di permanenza in casa. Il Gip ha infatti inquadrato le condotte documentate dalla Digos, che ha lavorato in sinergia con la Sezione Antiterrorismo Destra della Digos di Milano, nel "più ampio e preoccupante fenomeno della radicalizzazione ideologica di matrice neonazista e suprematista sul web", che alimenta un "preoccupante aumento di azioni violente", con un soggetto che appare "pericolosamente affascinato da temi connessi a ideologie radicali estreme", non solo neonaziste. L’indagine sulle chat di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di odio razziale, anche attraverso l’apologia della Shoah, è sfociata in altre due perquisizioni nei confronti di altrettanti minorenni: uno residente in Friuli Venezia-Giulia, membro attivo dello stesso gruppo, e l’altro residente nel Comasco, sospettato di essere in possesso di armi da fuoco e munizioni. Se la propaganda del diciassettenne, costantemente xenofoba, omofoba e antisemita, si rivolgeva soprattutto al reclutamento di giovani e giovanissimi, non mancava la presenza anche di adulti. Come un bolognese di 46 anni che si era messo a disposizione come "istruttore militare a distanza", salvo poi essere arrestato in un’altra indagine. Il passaggio dalla propaganda virtuale al reale, secondo il giudice, si è manifestato con diverse modalità: slogan e volantini e il tentativo di organizzare una spedizione punitiva in Puglia contro una donna che temeva volesse denunciarlo. Raccomandando di "non ammazzarla, ma intimorirla, renderla mia schiava picchiandola".