Cartella da 509mila euro, Equitalia accetta sconto dell’89%. Fine a 20 anni di contenzioso

Comasco con una cartella esattoriale da 509mila euro ne verserà 54mila

Ingresso a una sede Equitalia

Ingresso a una sede Equitalia

Milano, 20 gennaio 2017 - C’è chi l’ha ribattezzata la legge “salva suicidi”. Altri “cancella debito”. Tecnicamente è la legge sul Sovraindebitamento, risale al 2012. Un’ancora di salvezza per chi deve fare i conti con il Fisco. Perché non tutti possono permettersi di “rottamare” le cartelle esattoriali. Chi è in difficoltà non ha materialmente la possibilità di saldare il suo debito in 5 rate entro il settembre del 2018. Ora si paga «in relazione alle concrete possibilità del debitore». Una via d’uscita dalle cartelle-incubo. Che lievitano negli anni fra interessi e sanzioni. Come quella di un impiegato di Como che in Tribunale a Como è riuscito a ottenere uno “sconto” di 455mila euro. Dopo un’odissea durata oltre vent’anni.

È cominciato tutto nel 1993 con l’accertamento di «debiti fiscali relativi a una partecipazione societaria nel maglificio di famiglia – spiega l’avvocato milanese Pasquale Lacalandra, specializzato in diritto fallimentare e crisi da sovraindebitamento -. Il debito iniziale di 166 mila euro, maturato nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia, e lievitato successivamente con sanzioni e interessi a 509mila euro, è stato così concordato e ridotto a 54mila euro».

Un taglio dell’89% che ha avuto la benedizione della stessa Agenzia delle Entrate. «Se il debitore avesse chiesto la procedura della ‘rottamazione’ – continua il legale –, avrebbe dovuto restituire il debito iniziale, che, seppur epurato da interessi e sanzioni, ammonta comunque a 166mila euro. L’unica possibilità per il debitore sarebbe stata la dilazione, ovvero 5 rate da oltre 33mila euro ciascuna». Insostenibili per il dipendente di un’azienda con uno stipendio da 1.700 euro al mese e senza casa di proprietà. Soltanto l’accordo in Tribunale ha permesso di mettere tutti d’accordo. Senza, il Fisco non avrebbe potuto ottenere più di 1/10 dello stipendio del debitore. Invece «quel decimo dello stipendio l’ho moltiplicato per tutti i pignoramenti che gli sarebbero potuti arrivare fino all’età di 84 anni, pensione compresa. Così l’Agenzia delle Entrate ha avuto la certezza di recuperare quasi la metà della cifra debitoria iniziale. Inutile accanirsi su crediti che non riuscirebbero a essere mai recuperati».

Un caso simbolo come tanti altri. Come quello di una imprenditrice che sempre in Tribunale a Como ha “concordato” una riduzione del debito da 1,4 milioni a 370mila euro, o di una famiglia con un indebitamento verso più società finanziarie ha ottenuto dal Tribunale di Monza una diminuzione da oltre 150mila euro a 52mila euro, utilizzando anche parte del Tfr accantonato sul luogo di lavoro. «Sono accordi che hanno un’importanza rilevante anche dal punto di vista sociale, perché permettono al debitore di riacquistare un ruolo attivo nell’economia, tutelando allo stesso tempo i diritti del creditore».