ROBERTO CANALI
Cronaca

Como e l’emergenza migranti: la Svizzera blinda i confini e i centri di accoglienza scoppiano

Nel capoluogo lariano oltre 300 richiedenti asilo, ai qual si aggiungono i minori non accompagnati e quelli distribuiti nel resto della provincia

Un migrante accompagnato in un centro d'accoglienza

Un migrante accompagnato in un centro d'accoglienza

Como – Anche per il suo ruolo di città di frontiera Como vive, forse più di altre realtà lombarde, l’emergenza migranti. La vicinanza con la Svizzera non aiuta, anzi complica ancor di più le cose perché ogni nuovo sbarco a Lampedusa dall’altra parte del confine viene vissuto come un prossimo arrivo a Chiasso.

Per questo, come se già non bastasse l’intransigenza del Canton Ticino, dal Governo federale di Berna hanno deciso di disporre l’invio di nuove guardie di confine per rendere ancor più invalicabile la "porta Sud" ovvero il confine di Chiasso con l’Italia che nelle ultime settimane assomiglia a una porta girevole, considerando che nel centro di accoglienza ci sono oltre 600 migranti.

"A causa dell’attuale situazione – spiegano dall’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini – l’Udsc ha deciso di sostenere moderatamente Dogana Sud con ulteriori collaboratori provenienti dalla Svizzera tedesca". Il rafforzamento dei controlli riguarda anche i valichi di Canton Grigioni e Vallese, oltre a quelli di Varese

In attesa delle nuove assegnazioni disposte dal Ministero dell’Interno gli spazi a disposizione, soprattutto nel capoluogo, sono ormai saturi anche perché agli adulti vanno sommati i minori non accompagnati che una volta giunti nel nostro Paese si dirigono qui nella speranza, spesso vana, di poter attraversare la Svizzera e raggiungere parenti e famiglie che vivono nel Nord Europa.

Difficile tenere una contabilità esatta del loro numero, proprio perché tendono a spostarsi, ma si stima che in città ci siano oltre 300 richiedenti asilo, cui aggiungere i minori e quelli distribuiti nel resto della provincia. A rendere ancor più complicata la loro gestione c’è il fatto che molti di loro sono privi di documenti.

“Dobbiamo renderci conto che l’emigrazione non è più un’emergenza, ma un fenomeno strutturale e non verrà meno per i prossimi anni, specie se non inizieremo seriamente a investire in Africa per cercare di creare migliori condizioni di vita. Del resto chi conosce e studia il fenomeno sa bene che l’80% degli spostamenti è, per fortuna, ancora interno a quel continente - spiega Rossano Breda, direttore della Caritas di Como - Da parte nostra siamo mobilitati, con le altre realtà del Terzo settore per garantire l’accoglienza, in collaborazione con la prefettura. Idem le parrocchie, ma il territorio è saturo almeno a Como e si fa fatica a trovare nuovi spazi, con i numeri così alti serve una gestione dall’alto e probabilmente sarebbe necessario aprire un centro in cui organizzare l’accoglienza, almeno in prima istanza".

Nei giorni scorsi la Prefettura ha raggiunto un accordo con l’amministrazione provinciale per accogliere una quarantina di migranti nell’ex caserma dei carabinieri di via Borgovico, si lavora per aprire un piccolo centro per i minori nell’ex sede di Asst Lariana, ma ci sono difficoltà a trovare associazioni o enti disposti ad assumersi l’onore della gestione. "Il decreto Cutro inquadra i migranti come un problema da risolvere, non come un’opportunità, così non si va molto lontano. Tutti gli sforzi che facciamo per offrire loro gli strumenti, anche dal punto di vista culturale, per trovare un lavoro sono a carico nostro".