Sono stati circa 80 gli infermieri bresciani che hanno aderito allo sciopero nazionale indetto dal sindacato di categoria Nursind, che ha organizzato un presidio anche davanti all’ospedale di Desenzano. Proprio qui si sono registrate le maggiori adesioni, che hanno avuto ripercussioni sulle attività non urgenti, che saranno riprogrammate. "È rimasta chiusa la sala operatoria – spiega Alfonso Caruso, segretario provinciale del sindacato – ma anche la radiologia ed il reparto di endoscopia urologica, dove sono stati garantiti solo gli interventi urgenti. Siamo i primi a manifestare in modo così importante. L’obiettivo non è creare disagio agli utenti, ma vogliamo che, dopo 23 mesi di battaglie in cui tutti ci hanno chiamato eroi, ci sia dato almeno un riconoscimento". Tra le ragioni dello sciopero, infatti, c’è la scarsa attenzione sul fronte delle risorse, in particolare dopo il no dei ministeri dell’Economia e della Funzione pubblica agli emendamenti in manovra che puntavano all’erogazione anticipata dell’indennità di specificità, svincolandola dal contratto: una manovra a costo zero, dicono dal Nursind, visto che i fondi erano già stanziati nella legge di Bilancio dello scorso anno. Ma si tratta solo della goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ad accrescere il disagio è soprattutto la questione delle risorse umane. "Siamo sempre sotto organico – lamenta Caruso – ora con Covid la situazione è peggiorata. Turni che cambiano all’improvviso, ferie congelate, straordinari che si accumulano senza essere pagati".
Gli infermieri chiedono anche una piena valorizzazione della professione, con più posti nelle università, ma anche più infermieri docenti proprio per garantire una formazione di qualità. Non da ultimo, si chiede il riconoscimento dell’attività tra i lavori usuranti e maggior interventi per porre fine alle aggressioni fisiche e verbali dei pazienti. "Servono risposte per fermare l’emorragia continua di infermieri: i giovani, se possono, vanno all’estero", conclude Caruso.
Federica Pacella