Costringeva la figlia a diete forzate: "Mangi troppo, ti viene la faccia come un criceto”

Como: a processo una madre, accusata di maltrattamenti nei confronti di una sedicenne. Avrebbe fissato il suo peso forma a 47 chili. Lei nega: avevo solo intenzioni educative positive

Dieta (Archivio)

Dieta (Archivio)

Nonostante i sacrifici e le privazioni, alla madre quella ragazzina appariva sempre troppo grassa. Così le consentiva di sfamarsi solo con cibi leggeri, come passati di verdura, insalata e carote. Pochissima frutta perché conteneva zucchero, e sarebbe ingrassata. Un regime alimentare rigidissimo, che ora ha portato a processo la donna, 54 anni di Como, accusata di maltrattamenti nei confronti della figlia sedicenne.

Le testimonianze

Davanti al giudice, Francesca Banfi, sono stati ascoltati i primi testimoni, a partire dalla zia della ragazzina, un medico che all’epoca, nel 2019, aveva sporto denuncia, in quanto preoccupata per le condizioni di salute della ragazza, ridotta "gravemente sottopeso".

Durante le indagini - condotte dai sostituti procuratore Daniela Moroni prima, e Massimo Astori successivamente - sfociate in una misura di allontanamento da casa dell’indagata, erano stati acquisiti alcuni sfoghi, registrati dalla stessa ragazza durante discussioni con la madre. Una condizione che viveva come fortemente punitiva, al punto che era arrivata anche a cercare cibo di nascosto e chiedere aiuto ai parenti.

"Fai schifo, sei brutta lo vuoi capire – le diceva la madre, obbligandola a salire sulla bilancia - non ti vedi le cosce e i polpacci… ti viene la faccia come un criceto… ma ti specchi?".

L’ossessione di una madre

Perché la madre aveva fissato il peso ideale della ragazza al di sotto dei 47 chili, e ne monitorava di continuo le evoluzioni. In aula sono state sentite le testimonianze della zia, che ha ricordato le condizioni della ragazza in quel periodo, le sue preoccupazioni nel vederla costantemente affamata, la disparità di trattamento rispetto al fratello minore, a cui era consentito mangiare tutto.

È stata sentita un’insegnante della ragazzina. Il processo prosegue a luglio, quando sono stati convocati altri testimoni. La donna ha scelto di andare a processo per dimostrare che le accuse contenute nel capo di imputazione, non corrispondono a quanto realmente accaduto, e che le sue intenzioni educative sono sempre state positive, come ha già ribadito al giudice in altre occasioni.

La figlia non dovrà testimoniare: le sue dichiarazioni sono già state raccolte in incidente probatorio, nel quale aveva confermato la sequenza di aggressioni subite, dagli insulti alle percosse.