Emergenza Coronavirus, un esercito di frontalieri licenziati

Sono almeno 6mila i lombardi che hanno perso il posto in Svizzera. Dolzadelli, Cisl: "Anche a loro le indennità"

C’è grande preoccupazione in Lombardia per le migliaia di frontalieri licenziati

C’è grande preoccupazione in Lombardia per le migliaia di frontalieri licenziati

Como, 7 aprile 2020 - Sono almeno 6mila i frontalieri, quasi tutti impiegati nel commercio e nel turismo, che sono già stati licenziati dalla Svizzera alle prese con l’emergenza Coronavirus. A questi va aggiunto l’esercito di stagionali che si preparavano a fare la stagione in bar, ristoranti e alberghi della Svizzera, i cui ingaggi sono saltati. Un’emergenza che si aggiunge all’emergenza che il Consiglio generale degli italiani all’estero ha chiesto al Governo di affrontare al più presto estendendo anche ai frontalieri e ai connazionali iscritti all’Aire, il registro degli italiani all’estero, le indennità previste per i lavoratori contenute nel decreto legge emanato lo scorso 18 marzo.

"La proposta si rivolge ai connazionali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro per l’emergenza – spiega Mirko Dolzadelli, responsabile Cisl per i frontalieri nel Consiglio generale degli italiani all’estero -. Abbiamo voluto rispondere alle segnalazioni fatte, in particolare dalle organizzazioni sindacali svizzere e italiane, dei rappresentanti dei Consigli sindacali interregionali e delle comunità italiane di confine, rispetto alla condizione che vivono molti lavoratori frontalieri". Gli italiani all’estero residenti in forma stabile (Aire) sono circa 5,5 milioni, corrispondono al 10% della popolazione nazionale; a loro si aggiungono i temporanei all’estero e migliaia di non regolarizzati, che sfuggono ai controlli delle anagrafi.

Alcune stime riguardanti questi indicano una presenza fluida di oltre un milione e mezzo di connazionali, attribuibili alla nuova emigrazione. A questi vanno aggiunti gli 80mila frontalieri lombardi, concentrati nelle provincie di Como, Varese e Sondrio. La maggior parte è impiegata in Ticino che assorbe oltre 75mila italiani, un quarto della manodopera totale, il resto è occupato nei Grigioni e nel Vallese.

"Per chi rientrerà dall’Ue occorrerà ragionare tenendo in considerazione i diritti comunitari che regolano il lavoro. L’Italia attraverso il ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola, è chiamato a far rispettare i diritti, le direttive di protezione e garanzie sociali e previdenziali comunitarie, che prevedono l’utilizzo di fondi comunitari per tutti i cittadini comunitari – prosegue Donzadelli -. Per chi rientrerà dai paesi extraeuropei, invece, occorrerà un intervento mirato del nostro Paese, che tenga conto sia dell’integrazione nel lavoro, sia di ulteriori aspetti di inserimento sociale con interventi differenziati, ma che contemplino in ogni modo il riconoscimento, seppur temporaneo, degli aiuti previsti dai decreti emergenziali". Nei prossimi mesi è previsto il rientro di almeno 100mila connazionali, un numero comparabile a quanti erano espatriati negli ultimi tre anni.