Como, aggressioni nei Pronto soccorso: il personale vuole cambiare lavoro

Studio del Centro ricerche dell’Università dell’Insubria. "Le violenze si aggiungono alla pandemia"

Licia Iacoviello, docente ordinario e direttrice del Centro ricerche dell’Università

Licia Iacoviello, docente ordinario e direttrice del Centro ricerche dell’Università

Como, 14 settembre 2022 -  Ormai non capita giorno che la cronaca non si trovi a documentare le aggressioni, verbali e spesso fisiche, ai danni di medici e infermieri. Tra sale di accettazione dei pronto soccorsi trasformate in ring e corsie di ospedali dove chi porta un camice bianco vive sotto assedio non c’è da stupirsi se in tanti hanno deciso di abbandonare la professione. Un fenomeno sempre più esteso e allarmante, in un Paese in cui si fa fatica a trovare medici e infermieri, al centro di uno studio del Centro Ricerche in EPIdemiologia e MEDicina preventiva (EPIMED) dell’Università degli Studi dell’Insubria.

«Le violenze contro gli operatori sanitari si aggiungono alle note difficoltà legate al periodo pandemico che stiamo ancora vivendo, contribuendo a deteriorare la salute fisica e mentale degli operatori stessi – spiega Licia Iacoviello, professore ordinario di Igiene e Salute Pubblica e direttore del Centro Ricerche in Epidemiologia e Medicina preventiva dell’Università degli Studi dell’Insubria –. Secondo recenti stime dell’American Medical Association, 1 medico su 5, e 6 infermieri su 10, vorrebbero lasciare il loro lavoro prematuramente a causa dello stress. Per questo motivo è importante non solo stimare la prevalenza del fenomeno, ma identificare i principali determinanti, e studiarne l’impatto sugli operatori coinvolti". Professori e ricercatori si sono messi a studiare il fenomeno nell’ASST Sette Laghi e Lariana, rispettivamente delle province di Varese e Como, e nell’ATS Insubria.

"Tra le ricadute principali del nostro studio vi è la messa a punto di un sistema standardizzato che favorisca la segnalazione ed il monitoraggio degli eventi aggressivi, e la presa in carico degli operatori cha li subiscono, secondo gli standard previsti dalle “Linee Guida di Regione Lombardia“ - spiega Giovanni Veronesi, professore associato di Statistica Medica presso il Centro Ricerche EPIMED e responsabile scientifico del progetto –. Questo avviene anche grazie alla creazione di una piattaforma web che permette la gestione complessiva degli eventi da parte degli operatori coinvolti nelle diverse fasi, quali risk manager e psicologo. Il tutto nel rispetto della privacy e dei protocolli di protezione dei dati personali". Il fenomeno è preoccupante e in costante crescita, secondo l’Inail dal 2016 al 2020 a livello nazionale sono stati più di 12mila i casi di infortunio in occasione di lavoro accertati positivamente dall’Istituto e codificati come violenze, aggressioni, minacce e similari, con una media di 2.500 casi l’anno.