Cantù, parla una vittima del branco: "Braccata mi sentivo soffocare"

Il drammatico racconto della minorenne abusata

La vittima ha 17 anni

La vittima ha 17 anni

Cantù, (Como), 2 marzo 2019 - «Mi sentivo soffocare, braccata, e non riuscivo a urlare né a piangere. Cercavo di liberami. Nessuno mi dava aiuto, nemmeno le mie amiche che erano lì a guardare. Nessuno ha detto lasciatela stare, ero come persa e lasciata sola. I ragazzi nel frattempo ridevano tra di loro». In queste parole, è racchiusa tutta la drammaticità con cui ha vissuto le aggressioni, la sedicenne vittima della violenza sessuale che ha portato in carcere i cinque giovani arrestati giovedì mattina. Un racconto a cui si sono aggiunte le testimonianze delle amiche, sentite dai carabinieri della stazione di Rebbio, che hanno condotto l’indagine. «L’hanno presa di mira fin da subito, forse perché considerata la più attaccabile – hanno detto - Erano sempre da lei, la toccavano di continuo, cercando di metterle le mani sotto la maglietta». Poi la situazione è sfuggita di mano.

«C’è stato un momento in cui i ragazzi l’hanno presa con la forza, sollevata e buttata sul divano. Sono saliti sopra di lei sempre cercando di toccarla». Tutti insieme il 14 luglio scorso in un appartamento di Cantù, dove i cugini K.P. e R.S., 19 anni di origine albanese, avevano organizzato un festino assieme all’amico I.H., marocchino di 18 anni, e a due diciassettenni, uno marocchino e uno albanese. Avevano invitato quattro ragazzine di sedici anni, alcune delle quali mai viste prima. Appena sono entrate in casa, K.P. ha chiuso la porta di ingresso, mettendosi la chiave in tasca. Per tre ore, hanno obbligando le sedicenni a rimanere in quella casa, offrendo marijuana e alcol, minacciandole di spingerle fuori dalla finestra quando hanno iniziando a insistere per andarsene.

Un sequestro di persona, secondo il sostituto procuratore di Como Giuseppe Rose, a cui si aggiungono le accuse di violenza sessuale e lesioni nei confronti di una sola delle ragazzine, l’unica finita nel mirino, davanti agli occhi di tutti. Costretta, in due riprese, a subire l’umiliazione di quel gruppo che le si accaniva contro. Prima buttata su un letto e aggredita, presa a morsi dal minorenne marocchino mentre subiva atti sessuali. Poi spinta nella doccia, in bagno. Settimane dopo, ascoltata dal pubblico ministero durante una audizione protetta, ha raccontato con estrema lucidità quei momenti, pur manifestando le conseguenze emotive di quell’esperienza. «Esternando – dice il gip di Como, nell’ordinanza che ha condotto in carcere i tre maggiorenni – ripetutamente manifestazioni di pianto e dolore, e offrendo uno spaccato desolante delle violenze e umiliazioni che è stata costretta a subire. Costrizioni non solo fisiche e psicologiche, ma anche ambientali, dato che si trovava in uno stato di sequestro, e che gli altri presenti, cui ha chiesto aiuto, si sono dimostrati inermi o indifferenti».