
Nexhat Rama fu trovato carbonizzato nell’auto del fratello, Davide Mossali ha sempre detto di essere innocente
Sei ore abbondanti di camera di consiglio. E poi la sentenza: 27 anni. Così si è concluso il processo di primo grado per Davide Mossali, il meccanico di Palazzolo accusato di avere ucciso il 40enne kosovaro Nexhat Rama per un debito. Era il 29 agosto 2022. Rama fu trovato carbonizzato nella Land Rover del fratello incendiata tra le vigne di Cologne. Per la pm Claudia Passalacqua il 54enne, che anche ieri con dichiarazioni spontanee ha ribadito la propria innocenza, eliminò l’ex socio in affari con cui trafficava in auto usate e fatture false, che gli stava con il fiato sul collo per rientrare da un prestito di 38mila euro. Lo attirò in trappola nella sua officina, dopo aver disattivato le telecamere e non aver fatto andare al lavoro i dipendenti, poi ‘imbeccò ’ i parenti affinché riferissero alle forze dell’ordine che quel giorno lui aveva pranzato con loro. "Voglio ribadire con fermezza che con la morte di Mino (soprannome della vittima, ndr) io non c’entro nulla. Non l’ho ucciso, non mi sono procurato un’arma da sparo, né ho incendiato l’auto. Della sua morte sono dispiaciuto ma non non sono stato io: l’ha fatto qualcuno che poi ha tenuto con sé il suo cellulare, qualcuno che aveva anche interesse a far ritrovare la targa dell’auto integra nonostante l’incendio. L’incendio è iniziato alle 12,30 ed è durato 40 minuti, eppure quel cellulare ha continuato a funzionare fino alle 13,24: non poteva certo essere in auto, né potevo averlo io, che ero a casa, sono anche passato sotto le telecamere". La procura aveva chiesto l’ergastolo, "L’omicidio è stato premeditato da Mossali in ogni dettaglio, a partire dal 18 luglio precedente, quando si premurò di riferire a un carabiniere che Rama temeva di essere sparato persone con cui era in lite - ha replicato ieri la pm - . E dal 3 agosto la cella del luogo dell’incendio agganciò ripetutamente il cellulare dell’imputato, il quale aveva fatto più sopralluoghi". Per l’avvocato Tommaso Spandrio, che con il collega Stefano Forzani assiste il meccanico, "le celle coprono un’area troppo vasta per sostenere che Mossali fosse sul luogo dell’incendio", la controreplica.
Beatrice Raspa