
Suor Anna Donelli all'ingresso del Tribunale di Brescia
Brescia – Resterà agli arresti domiciliari suor Anna Donelli, la religiosa accusata di essersi messa “a disposizione degli esponenti” del clan di ‘ndrangheta dei Tripodi, una potente cosca radicata da tempo nel Bresciano. Sabato 21 dicembre, il tribunale di Brescia ha rigettato la richiesta di annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare avanzata dall’avvocato della donna.
Suor Anna Donelli, che da anni lavora come volontaria negli istituti penitenziari di Brescia e nel carcere milanese di San Vittore, è accusata di concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso nell’indagine su presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta nel Bresciano.
Gli inquirenti ritengono che la suora di 57 anni, tramite “la propria opera di assistente spirituale”, avrebbe aiutato i membri del clan a comunicare tra loro all’interno del carcere e, scavalcando i “divieti di colloqui”, anche con i familiari fuori dagli istituti penitenziari. In particolare, avrebbe stretto un “patto” con Stefano Tripodi, capo della famiglia mafiosa. “Lei è una dei nostri”, si sente dire a Tripodi in un intercettazione.
La religiosa, sostiene l’accusa, aiutava a pianificare strategie criminali di reazione alle attività delle forze dell’ordine e della procura. Dava una mano ai reclusi per farli comunicare con i parenti pur in presenza di un divieto e risolveva dissidi tra fazioni in carcere per conto del boss, che le consigliava di presentarsi come “l’amica di Stefano”.
Gli avvocati della difesa, diversamente, sostengono che “suor Anna non era consapevole del ruolo criminale dei Tripodi, si è sempre limitata a svolgere il suo ruolo evangelico senza giudicare, non ha mai fatto la maestrina con nessuno. I Tripodi li aveva conosciuti quando per un periodo aveva lavorato e vissuto in una comunità a Brescia e poi li ha ritrovati a San Vittore”.