
Stefano Begnis, 38 anni, da consulente per la Ferrari si è trasformato in un viaggiatore di professione (nella foto in Cappadocia)
Brescia, 18 novembre 2024 – Il viaggio di una vita. O forse, meglio, una vita in viaggio, quella che si è scelto Stefano Begnis, 38 anni, ingegnere meccanico che ha passato gli ultimi dieci anni a progettare componenti per i motori della Ferrari. Un lavoro che da sogno di neolaureato, con gli anni è diventato niente altro che un peso. Così, dopo anni di smartworking e di ore passate in casa davanti al computer, l
a scelta di mollare la sicurezza di un posto fis so per sostituirlo con paesaggi mozzafiato, il sorriso di un bimbo da aiutare e l’infinita libertà di poter girovagare per il mondo senza avere una meta.Begnis, lei come si definirebbe oggi?
“Direi che il viaggio è diventata la mia professione: potremmo dire, con una formula, che sono un viaggiatore di professione”.
Lei lavorava con una delle aziende più prestigiose del mondo, non era quello il suo sogno?
“Quando mi sono laureato in ingegneria meccanica, poco più di dieci anni fa, effettivamente lo era: collaborare con la Ferrari era il mio obiettivo sin da quando studiavo. Appena ho terminato gli studi ho mandato il mio curriculum a varie aziende del settore automotive e in particolare a quelle più vicine al cavallino rampante. In breve tempo sono stato assunto dalla Hpe, che fornisce consulenti alla Ferrari, e per dieci anni ho lavorato esclusivamente per loro”.
Cosa realizzava per la Ferrari?
“Progettavo le componenti meccaniche del motore delle auto vendute a clienti privati”.
In sostanza costruiva i motori più veloci del mondo ma si sentiva fermo, non è così?
“Esattamente. Quando mi sono licenziato, terminando il mio ultimo impiego a maggio, girandomi indietro ho capito che non ero del tutto soddisfatto di ciò che avevo fatto fino ad allora. Ora invece che sono diventato un viaggiatore di professione posso dire l’opposto. Mi spiego meglio: il lavoro era interessante, io adoro le Ferrari, ma dopo dieci anni sentivo ogni giorno di sottrarre del tempo a ciò che mi fa davvero stare bene e mi fa felice: viaggiare, conoscere gente, visitare luoghi nuovi. E invece negli ultimi anni avevo fatto molto telelavoro da casa, a Modena, passando l’80% del tempo al computer. Quella vita non fa per me, avevo necessità di qualcosa di diverso: degli spazi, del mio tempo, della mia vita”.
Dopo il grande passo ha deciso subito di partire?
“Non proprio: per due mesi sono stato a Brescia, in casa, a progettare il viaggio e pensare a come trovare le risorse necessarie a coprire le spese di almeno un anno intero in giro per il mondo”.
Poi la tanto attesa partenza...
“Sì, il 23 luglio, dalla stazione di Brescia”.
Quale è stata la prima cosa che ha voluto vedere?
“Mi sono fermato a Venezia per omaggiare il più grande viaggiatore di tutti i tempi, Marco Polo, poi mi sono diretto a Trieste e in seguito a Lubiana. Ora invece sono in Turchia, in Cappadocia. Ho visitato una decina di nazioni, tra cui Croazia, Bosnia, Grecia, e Bulgaria”.
Come si sposta?
“In treno e autobus. Voglio gustarmi le distanze e la lentezza”.
Come fa a finanziare il suo viaggio?
“Ho a disposizione dei risparmi e mi appoggio alla piattaforma Work Away, che mi fornisce lavori temporanei basati sul volontariato in cambio di vitto e alloggio. Ora, per esempio, lavoro in un centro per ragazzi e bambini autistici. Poi si vedrà”.
Quali sono le prossime tappe?
“Sono molte. Dopo la Cappadocia visiterò un’altra parte di Turchia. Poi andrò in Georgia e di lì in Uzbekistan, Kazakistan, Azerbaijan e Cina. La mia ultima meta sarà l’Australia”.
E poi?
“Chi lo sa”. Del resto a un viaggiatore di professione non si può chiedere dove si fermerà.