
Francesco Scalvini
Ghedi, 25 gennaio 2017 - È rimasta fino alle due di notte a vegliare il marito in ospedale e ieri mattina di buon’ora è uscita da casa, pronta a tornare da lui. A Cristina Tocchella è rimasto un filo di voce. «I medici non si sbilanciano, la situazione è grave, non si scherza», dice. Parla di Francesco Scalvini, 36 anni, in prognosi riservata all’ospedale Poliambulanza di Brescia. Ha il cranio fracassato. Tre banditi sorpresi a rubare a casa del padre Giancarlo, 66 anni, elettricista come lui, lo hanno preso a sprangate e colpito forse con un trapano avvitatore.
Erano le sette e mezza di sera di lunedì quando i ladri, descritti come slavi, hanno preso di mira l’abitazione della famiglia Scalvini a Ghedi, quasi 20mila anime a 20 chilometri da Brescia, nella Bassa. Incuranti di colpire in un quartiere di case l’una a ridosso dell’altra, sono entrati in azione a volto scoperto, spregiudicati, nessuna paura nemmeno di lasciare una vecchia Bmw chiara posteggiata all’esterno lungo la stretta via Petrarca, che fa una curva a gomito e rende la fuga pericolosa.
I malviventi si sono arrampicati fino al primo piano appoggiando una scala a pioli su una tettoia vicino al garage e poi hanno usato un’antenna parabolica per raggiungere una finestra. Sono entrati, hanno trovato la cassaforte e hanno provato a scardinarla a colpi di trapano. Rientrando dal lavoro il proprietario ha trovato la porta chiusa dall’interno e, insospettito dal trapanare, ha chiesto aiuto al fratello Ignazio, 71 anni, che vive con la moglie al piano superiore, e al figlio Francesco, di casa in una villetta a pochi metri. I tre Scalvini hanno raggiunto il retro della palazzina e si sono imbattuti nei ladri che scappavano e hanno preso a colpirli furiosamente. Francesco è stramazzato a terra esanime ed è ancora gravissimo, il padre ha riportato una frattura del setto nasale, lo zio botte e lividi in faccia. Mentre i carabinieri del nucleo investigativo provinciale e della compagnia di Verolanuova setacciano il territorio in cerca della banda, i vicini sono terrorizzati. Quasi nessuno in via Petrarca è rimasto immune alle incursioni dei ladri, a ripetizione nell’ultimo periodo. «Eravamo a cena, siamo corsi fuori per le urla – dice Anna Treccani -. C’erano tre uomini che sprangavano Francesco. Qui c’è da morire di paura».
E Paolo Bonazzoli, un ditta di tapparelle, la DueB: «Quei ladri lunedì hanno tentato altri due colpi in paese – si sfoga l’artigiano –. Dalla finestra ne ho visto uno camminare sulla tettoia laggiù, aveva in mano una mazza. Voglio farmi il porto d’armi, prenderò una pistola per difendermi». Il sindaco Lorenzo Borzi non sa cosa dire: «Che cosa possiamo fare? Abbiamo in servizio 21 persone tra vigili e carabinieri, dovremmo chiamare l’esercito. Serve la certezza della pena, altrimenti è finita». Anche Federica Pagani, la vedova del macellaio Pietro Raccagni di Pontoglio ucciso durante una rapina in casa nel 2014, chiede sicurezza: «Non è possibile rincasare e trovarsi di fronte queste persone. Vittime e parenti hanno bisogno di sentirsi al sicuro».