REDAZIONE BRESCIA

Raffaela Ragnoli, lettera dal carcere. “Uccidere mio marito fu un gesto crudele d'amore”

Delitto di Nuvolento, la donna è stata condannata all’ergastolo lo scorso dicembre: ”La giustizia ha perso". Ha sempre sostenuto di essere intervenuta in difesa del figlio, minacciato con un coltello

Raffaella Ragnoli nel corso del processo

Raffaella Ragnoli nel corso del processo

Nuvolento (Brescia) “Il 9 dicembre 2024, la giustizia ha perso".

Inizia così la lettera inviata al Giornale di Brescia da Raffaella Ragnoli, la donna che nel gennaio del 2023 uccise nella loro casa di Nuvolento (Brescia) il marito Romano Fagoni, accoltellandolo sotto gli occhi del figlio minorenne, e che il 9 dicembre scorso è stata condannata in primo grado all'ergastolo. Il pm aveva chiesto 24 anni di carcere e la difesa aveva sostenuto che l'omicidio era avvenuto dopo anni di presunti maltrattamenti fisici e psicologici.

"La data del 28 gennaio 2023 rimarrà impressa come un solco profondo lasciato da un aratro nel mio cuore e nel mio cervello per sempre. Ebbene sì, ciò che è avvenuto è stato terribile, un gesto crudele d'amore. Anni di violenze psicologiche indescrivibili di tutto ciò che è stato". Raffaella Fagoni ha sempre sostenuto di aver ucciso il marito perché lui stava minacciando con un coltello il figlio minorenne. "Lo choc di quella sera è stato terribile, non era possibile tenerlo fuori dopo che tutto è scaturito da un’uggressione verbale e fisica nei suoi confronti diretti. L'urlo agghiacciante di mio figlio quando ha evitato, spostandosi, di essere colpito ha probabilmente dato al mio cervello un input di protezione e in una situazione ad alta tensione quale quella, il controllo può sfuggire di mano e dare luogo ad un gesto terribile quale è stato l'epilogo che noi tutti sappiamo”.

Ragnoli fa anche autocritica, ma per quanto riguarda il ‘prima’, per tutto quello che secondo la sua ricpostruzione ha di fatto portato a quella tragica sera. “La mia più grande colpa? Il silenzio, la mancata denuncia, la mancata confidenza alle persone a me più o meno vicine. Il mio modo di pensare che parlare in modo velato e tra le righe porti comunque a capire che qualcosa non va. In realtà, nonostante questo sia stato il modo di agire, le tante persone che mi stanno accanto pur non sapendo, sanno che quel gesto non appartiene a me".