BEATRICE RASPA
Cronaca

Quindici milioni sotterrati in giardino a Gussago: la sentenza a 4 anni è definitiva, i coniugi rottamai Rossini presto liberi

Brescia, Giuseppe Rossini e Silvia Fornari condannati per una maxi frode fiscale. A maggio marito e moglie avranno saldato i conti con la giustizia. Ecco la mappa del tesoro in contanti

Giuseppe Rossini e Silvia Fornari di Gussago avevano sepolto il loro tesoro

Giuseppe Rossini e Silvia Fornari di Gussago avevano sepolto il loro tesoro

Gussago (Brescia) – La loro storia aveva fatto scalpore. Marito e moglie di mestiere rottamai, nessuna grana giudiziaria alle spalle se non bazzecole amministrative, casa senza fronzoli a Gussago, utilitaria senza pretese in garage, si scoprì che avevano interrato in giardino un bel gruzzolo. Su per giù 15 milioni, compresi i contanti rinvenuti nella mansarda del figlio, poco più che ventenne. Arrestati nell’autunno 2022, Giuseppe Rossini, 47 anni, e Silvia Fornari, 43, sono stati condannati in abbreviato a 4 anni. La sentenza è definitiva e a breve - si parla del prossimo maggio -, saldati per intero i conti con la giustizia, torneranno in libertà.

Mezzo miliardo di false fatture

Sempre che il loro avvocato, Lorenzo Cinquepalmi, non chieda la liberazione anticipata. Sono liberi dallo scorso novembre, per revoca della misura cautelare, anche il figlio dei Rossini, Emanuele, e la zia (sorella di Silvia) Marta Fornari, che erano stati condannati a tre anni e dieci mesi. La famiglia era accusata di essere lo snodo di un’associazione a delinquere finalizzata a una frode milionaria, quantificata in mezzo miliardo di fatture false e 93 milioni di tasse evase. Un affare su base “parentale“.

I contanti sepolti e nascosti

In un terreno incolto di loro pertinenza carabinieri e finanza supportati dai “cash dog“ scovarono banconote per 11 milioni. In un sottotetto un altro milione e 600mila euro. Nell’appartamento del figlio, poco meno di due milioni. Per la pm Claudia Passalacqua si trattava di una montagna di “nero“ accumulato in anni di “magheggi” imperniati su società cartiere e triangolazioni estere. Rossini e consorte - coinvolti anche in un’indagine della procura di Vicenza - per provare a limitare i danni da subito ammisero gli addebiti.