BEATRICE RASPA
Cronaca

Il tesoro sotterrato nel giardino Chiesti 9 anni per marito e moglie

Brescia, in Tribunale le pene più pesanti per i quindici milioni interrati alla coppia al vertice della “holding”. Per il figlio e la cognata sei anni, mentre condanne più lievi per altri cinque collaboratori.

di Beatrice Raspa

Oltre cinquant’anni di carcere da spartirsi tra nove imputati. Richieste di pena pesanti, ieri, durante il processo in abbreviato in corso per undici persone davanti al gup Christian Colombo per la vicenda dei quindici milioni in contanti trovati lo scorso autunno sotto terra nel giardino dei coniugi Rossini di Gussago. Per la pm Claudia Passalacqua la coppia, di mestiere rottamai, stile di vita sotto tono, passato senza macchia, era al vertice di una frode milionaria quantificata in mezzo miliardo di fatture false e 93 milioni di tasse evase. Un affare di famiglia al quale partecipavano anche il figlio 22enne, Emanuele, con la zia materna, Marta Fornari.

Ieri al termine di quasi quattro ore di requisitoria - le prime due ore andate solo per l’inquadramento dei reati - la pm ha tratto le sue conclusioni: Giuseppe Rossini, 46 anni, e la compagna, Silvia Fornari 40, meritano ciascuno nove anni di carcere (la donna anche ventimila euro di multa). Il figlio, sei anni, idem la zia materna. Agli altri imputati, prestanome, imprenditori e faccendieri, rischia di andare solo un po’ meglio. Per Marco Pesenti la Procura ha chiesto quattro anni. Per Michele Logiudice, tre anni e otto mesi (con recidiva in equivalenza alle attenuanti generiche da riconoscersi per l’offerta di centomila euro di risarcimento a parziale risarcimento del danno al Fisco). E ancora, per Giuliano Carlo Paganotti, sei anni. Per Gianluca Dolci, tre anni. Da ultimo, per Federico Boschetto, tre anni e mezzo e diecimila euro di multa. Altri due imputati, con una posizione più defilata, patteggeranno. Stando alla prospettazione accusatoria la montagna di banconote stanate dai finanzieri e dai cash dog nelle disponibilità dei Rossini (marito e moglie erano finiti in carcere, ma la donna attualmente è ai domiciliari, così come il figlio e la parente) sono i proventi illeciti accumulati in anni di magheggi con società cartiere, giri vorticosi di bonifici inviati in Cina e nei Paesi dell’Est, e contanti fatti rientrare con “spalloni“. Meccanismi orchestrati direttamenti dai coniugi, che avrebbero impiantato un’organizzazione in cui erano coinvolte 70 persone ingaggiate con provvigioni del dieci per cento garantite agli associati. Rossini davanti al magistrato aveva ammesso gli addebiti, sostenendo di essere finito in un gioco più grande di lui dal quale non riusciva a sottrarsi. Il processo proseguirà lunedì.