Banche abusive cinesi e soldi riciclati: la nuova impresa criminale dei coniugi Rossini, seppellitori di tesori

Marito e moglie, appena condannati anche in Appello per il gruzzolo seppellito, finiscono sotto accusa in un’inchiesta anti riciclaggio della procura di Vicenza: avrebbero gestito i corrieri in un gioco di “cartiere” e fatture false

Giuliano Rossini e Silvia Fornari

Giuliano Rossini e Silvia Fornari

Brescia, 21 marzo 2024 – La loro storia aveva fatto chiacchierare mezza Italia. Marito e moglie, di mestiere rottamai, nessuna grana giudiziaria alle spalle se non bazzecole amministrative, villetta senza fronzoli in quel di Giussago, 16mila abitanti a metà strada tra Brescia, la Valtrompia e la Franciacorta, utilitaria in garage, si scoprì che vivevano felici e contenti con un bel gruzzolo interrato in giardino. Su per giù 15 milioni, compresi i contanti rinvenuti nella mansarda del figlio 22enne Emanuele.

Vecchie conoscenze

Era l’autunno 2022. Giuseppe Rossini, 46 anni, e Silvia Fornari, 42, tornano ora alla ribalta delle cronache. Pochi giorni fa hanno incassato la conferma in appello a 4 anni di carcere (tre anni e rotti per il figlio), dove si trovano da allora, e dove nelle scorse ore hanno ricevuto la notifica di una nuova misura in cella per un’altra inchiesta. Stavolta della Finanza di Vicenza, che li ha fatti finire di nuovo nei guai per riciclaggio, e li accusa di essere al vertice di un giro di 110 milioni che coinvolge banche abusive cinesi.

“Io per questi fatti sono già stato giudicato a Brescia" si è limitato ieri a dire al gip Rossini in sede di interrogatorio di garanzia (che nelle prossime ore toccherà a moglie e figlio). Sono 13 le misure eseguite tra Brescia, Verona e Vicenza (otto in carcere, cinque ai domiciliari) con un sequestro di 1,5 milioni tra contanti, orologi di lusso e lingotti. Snodo cruciale del riciclo, che coinvolge 16 persone, un “bancomat” illegale di Padova. Uno sportello della “China Underground Bank”, che faceva capo a un 38enne cinese di Vigonovo (Ve). Per chi indaga, i referenti del sodalizio erano Federico Boschetto, 51enne di Arzignano (Vi) e i Rossini, sospettati di essere i registi del mirabolante balletto di contanti.

Spalloni e muli

Soldi che arrivavano da un collaudato sistema di frodi carosello basato sull’emissione di fatture false, sostiene l’accusa. Un paio di aziende “cartiere”, a Brescia e Roma, generavano carta straccia per coprire gli acquisti in nero da 25 società dislocate tra Brescia, Vicenza, Verona, Rovigo, Mantova, Bolzano, Alessandria, Roma, Milano, Torino. Seguivano i pagamenti alle “cartiere” dalle quali partivano bonifici per Cina, Slovenia, Belgio, Germania - in una triangolazione volta a far perdere la tracciabilità dei flussi -, poi la monetizzazione e restituzione dell’importo versato per il servizio (fatto salvo il 10 per cento di commissioni) attraverso “spalloni” che lo recuperavano dagli sportelli illegali. Facendosi pagare 400 a viaggio.

Per la Procura i Rossini gestivano non solo gli “spalloni” con i contanti da restituire ai clienti delle aziende fittizie, ma anche i cosiddetti “money mule”, i corrieri che appunto recuperavano i soldi dalle banche cinesi. Pure Boschetto, pedinato mentre faceva il pendolare tra Italia e Slovenia, è sospettato di aver vestito i panni di “money mule”. Si teneva in contatto assiduo con i bresciani attraverso chat criptate. In un anno e mezzo di indagine la Finanza ha documentato 556 trasferte per 110 milioni, frutto di frodi nel settore dei metalli e della logistica.

La rete di collaboratori

Non solo. Il sistema poggiava su una fitta rete di presunti collaboratori. Luca Boschetto, 57 anni, di Chiampo (Vi), Carlo Zanco, 58 anni, di Vicenza, Flavio Guatta, 55 anni, di Rodengo Saiano (Bs), Maurizio Ceretti, 51 anni, di Travagliato (Bs), tutti in carcere. E poi Gianluca Dolci, 47 anni, di Vestone (Bs), Giuliano Carlo Paganotti, 60 anni, di Rudiano (Bs). E il figlio dei coniugi di Gussago, Emanuele Rossini, ai domiciliari con Rodrigo Iran Dushmanta Warnakulasuriya, 32 anni, e Donald Markximax Peires Warnakilasurya, 45, dello Sri Lanka. Le consegne toccavano mezza Italia ma anche Germania e Slovenia ed erano organizzate con sistemi sofisticati per eludere i controlli. Al gestore del “bancomat” veniva fornita targa e foto dell’auto in arrivo per il ritiro. Solo auto a noleggio, che si muovevano in squadra precedute da mezzi staffetta per assicurarsi che la via fosse libera.