DI BEATRICE RASPA
Cronaca

Ombretta Giacomazzi e la strage di piazza della Loggia: “Liti per recuperare l’esplosivo”

Brescia, la teste chiave ancora sotto torchio della difesa di Zorzi: “Ci fu una discussione tra Toffaloni e Silvio”

Ombrtta Giacomazzi in aula davanti alla Corte d’Assise presieduta da Roberto Spano

Ombrtta Giacomazzi in aula davanti alla Corte d’Assise presieduta da Roberto Spano

Brescia, 23 maggio 2025 –  È tornata in Assise Ombretta Giacomazzi, teste chiave dell’inchiesta sui presunti esecutori della strage di piazza Loggia. La “ragazza della pizzeria“ Ariston per la terza volta è stata sentita dalla difesa di Roberto Zorzi, il neofascista veronese accusato di avere infilato la bomba nel cestino dei rifiuti.

L’avvocato Stefano Casali l’ha torchiata di nuovo con domande e contestazioni, cercando di minarne la credibilità. Ha insistito sull’individuazione dei luoghi chiave dell’indagine, che saranno oggetto di un sopralluogo della Corte: la mansarda di via Aleardi dove nel ’74 la teste diciassettenne incontrava il fidanzato Silvio Ferrari, il neofascista bresciano legato agli ordinovisti veronesi, che faceva la spia per l’ex capitano dei carabinieri Delfino e i vertici dei servizi, ma anche il doppio gioco con il vicequestore Carlo Lamanna; e la caserma di Parona e Palazzo Carli, sede della Ftase/Nato a Verona, dove Ferrari la portava e dove era stato deciso di fargli piazzare una bomba al locale Blue Note inviso ai neri perché frequentato da gay e prostitute («ma anche da un esponente della questura»). Ferrari all’ultimo aveva deciso di tirarsi indietro, finendo poi misteriosamente dilaniato la notte del 19 maggio ‘74 dalla stessa bomba che portava in Vespa.

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"Ho sentito parlare del reperimento dell’esplosivo per il Blue Note, mi pare ne parlassero Marco Toffaloni (condannato a 30 anni per la strage, dal Tribunale dei minori, ndr) e Nando Ferrari” ha detto Giacomazzi. Che al colonnello Massimo Giraudo nel 2015 aveva confidato (e ieri ha confermato): “Ci fu una discussione tra Toffaloni e Silvio per l’esplosivo. Marco diceva che non si poteva recuperare dalla caserma di Verona ma che avrebbero dovuto prenderlo dalla caserma Papa di Brescia grazie a una copertura interna. C’erano in atto dei ricatti”.

La difesa Zorzi ha cercato di instillare il dubbio che la teste nel 1974 fosse ben più che una spettatrice: “Perché nel 2021 in merito all’indecisione di Ferrari aveva detto ai magistrati che avrebbe dovuto intervenire lei personalmente se Nando Ferrari non lo avesse convinto?”. E ancora, rispolverando un interrogatorio reso nel ’75 senza avvocato, quando era in carcere a Venezia per reticenza: “Perché dichiarò che aveva l’incarico di convincere Silvio e che sapeva sarebbe morto?”. E lei, agitata: “All’epoca dissi cose non vere pilotata da Delfino per essere lasciata in pace. Silvio avrei voluto convincerlo a non mettere la bomba”. Poi ha preso la parola il presidente Spanò. “Davvero non sa nulla di piazza Loggia ora che ha deciso di dire la verità?”. E la teste: “Nulla più di quanto abbia detto. Lo giuro”.