
La Finanza ha scoperto il giro illecito indagando su tre società: una con sede in Abruzzo, l’altra in Campania e la terza in Valcamonica L’accusa è di aver generato illecitamente 33 milioni di crediti d’imposta
Come piegare una normativa fiscale nata per favorire le aziende in difficoltà ai propri interessi, sintetizzabili in un imperativo comune: monetizzare. Far soldi senza averne diritto. È quello che la Guardia di finanza ha scoperto indagando su tre società, una con sede in Abruzzo, l’altra in Campania e la terza in Valcamonica, le quali avrebbero illecitamente generato 33 milioni di crediti d’imposta di ultima generazione Dta, ovvero “deferred tax assests“: crediti di imposta introdotti per permettere alle società in crisi di fruire in anticipo di perdite fiscali o deduzioni non utilizzate, agevolandone il recupero. Crediti che non risiedono nel cassetto fiscale, ma che si ottengono semplicemente su base dichiarativa, aggiungendo una voce alla dichiarazione dei redditi annuale. E che possono essere convertiti in liquidità con una semplice cessione. Per vederci più chiaro le Fiamme gialle del gruppo di Brescia e della compagnia di Breno e la procura - i pm titolari del fascicolo sono Donato Greco, Benedetta callea e Claudia Passalacqua - hanno disposto un sequestro preventivo d’urgenza dei 33 milioni di crediti sospetti, ritenuti farlocchi.
L’inchiesta ha un paio di filoni: il primo riguarda crediti per 20 milioni riconducibili a due società appunto dell’Abruzzo e della Campania - una decotta, con partita Iva cessata d’ufficio, l’altra che per la prima volta aveva presentato la dichiarazione dei redditi, essendo prima sconosciuta al Fisco - le quali avrebbero certificato di avere maturato il diritto di beneficiare di tali crediti. Inquirenti e investigatori hanno rintracciato 13 cessionari, dei settori più disparati.
Nel secondo filone d’inchiesta, invece, l’attenzione si è concentrata su un’azienda di costruzioni meccaniche con sede in Valcamonica, che la Finanza tentava d’occhio già da qualche tempo per questioni fiscali. La società in questione, in liquidazione giudiziale, nel giro di pochi mesi avrebbe presentato 13 o 14 dichiarazioni integrative per generare altrettanti milioni di crediti non spettanti. Crediti che in parte erano già stati ceduti a una terza azienda riconducibile al titolare della prima società, il quale così è finito nel registro degli indagati non solo con l’accusa di indebita percezione di erogazioni pubbliche , ma anche di autoriciclaggio, In questo caso chi indaga ha disposto contestualmente il sequestro di quanto trovato sui conti correnti aziendali, ovvero 600mila euro.