"Uccise lo zio nella fonderia". Ergastolo al nipote di Bozzoli: distrusse il corpo

Lo zio Mario sparì dalla sua azienda a Marcheno nell’ottobre del 2015, aveva 50 anni. Il giudice: l’assassino ha sciolto il cadavere in un forno con l’aiuto di un dipendente (poi deceduto)

La vedova di Mario Bozzoli, Irene Zubani, dopo la lettura della sentenza

La vedova di Mario Bozzoli, Irene Zubani, dopo la lettura della sentenza

Brescia - «Ma mi hanno condannato?", chiede Giacomo Bozzoli a un giornalista uscendo dall’aula. Per lui è ergastolo. Pochi minuti prima il presidente della Corte d’Assise di Brescia, Roberto Spanò, ha letto il dispositivo della sentenza che dopo sette anni ha messo il primo punto fermo all’enigma di Marcheno, nella Valtrompia bresciana, iniziato la sera dell’8 ottobre del 2015, quando Mario Bozzoli, titolare delle fonderia di famiglia con il fratello maggiore Alex, svanisce nel nulla. Al termine di una camera di consiglio iniziata nel pomeriggio di giovedì l’Assise bresciana ha condannato il trentasettenne Giacomo al carcere a vita per omicidio volontario della zio Mario aggravato dalla premeditazione e distruzione del cadavere (come richiesto dall’accusa). In più dodici mesi di isolamento diurno. Giacomo Bozzoli decade dalla potestà genitoriale. Alla lettura della sentenza, visibilmente scosso, è stato sorretto dal padre Adelio e dal fratello Alex.

I giudici hanno stabilito una provvisionale di 75 mila euro ciascuno a favore di Irene Zubani, vedova di Mario, e dei figli Claudio e Giuseppe. Quello che traspare della sentenza è un quadro sinistro della fonderia di Marcheno in quella lontana serata di ottobre. Infatti la Corte trasmetterà gli atti alla Procura perché valuti i reati di concorso in omicidio e distruzione di cadavere per l’operaio Oscar Maggi (nell’ipotesi che questi fosse a conoscenza del progetto per eliminare il suo datore di lavoro), di favoreggiamento personale per un altro dipendente della fabbrica di via Ghitti, il senegalese Aboagye Akwasi detto Abu, di falsa testimonianza per Alex Bozzoli, fratello di Giacomo.

Nella loro requisitoria i pubblici ministeri Silvio Bonfigli e Marco Martani avevano appoggiato la richiesta dell’ergastolo per l’imputato. Da tempo Giacomo meditava di uccidere lo zio, che tentava di opporsi alla "gestione allegra" della ditta e di controllare le merci in entrata e in uscita. Ad acuire i contrasti anche la storia di una fattura per uno scoppio dei forni mai avvenuto. Giacomo è nella zona dei forni della fonderia quando si perdono le tracce dello zio e quando, alle 19.18, dal forno grande esce una fumata subito ritenuta anomala. Per l’accusa la fumata "certifica" la morte dell’imprenditore, che in quel forno ha trovato la sua tomba. Dirimente e decisivo l’esperimento effettuato lo scorso 27 aprile in una fonderia di Provaglio d’Iseo, quando era stata gettata in un forno la carcassa di un maialino con indosso dei panni per simulare gli indumenti della vittima. La perizia aveva stabilito che eliminare un cadavere in un crogiuolo a 900 gradi era possibile senza che si verificassero esplosioni. Il test aveva convinto i pm che il forno fosse stato la tomba di Mario Bozzoli. Per farlo, Giacomo Bozzoli avrebbe avuto la collaborazione di Giuseppe Ghirardini, un veterano dell’azienda, che era scomparso sei giorni dopo Mario per essere ritrovato a Case di Viso, sopra Ponte di Legno, avvelenato da un’esca di cianuro.

Il «suicidio parlante", secondo l’accusa, di un uomo oppresso dal rimorso e schiacciato dalla paura che le indagini risalissero fino a lui, dopo avere compreso di essere l’anello debole. Fondamentale per l’accusa la questione delle telecamere: neutralizzate da Giacomo Bozzoli, il solo, con il fratello Alex, che avesse i codici. Assoluzione perché il fatto non sussiste o per non avere commesso "alcuno dei fatti contestati" era stata la richiesta del difensore Luigi Frattini. Nessuna prova che Mario Bozzoli fosse stato ucciso all’interno della fonderia. Sul pavimento, impolverato e sporco di unto, non era rimasta la minima traccia di aggressione, sangue, trascinamento di un corpo. Così come il nastro trasportatore del forno non portava né tracce ematiche né biologiche.