Brescia, omicidio di Manuela Bailo: "Uccisa con una coltellata alla gola"

L'autopsia smentisce la versione dell'amante Fabrizio Pasini

Manuela Bailo

Manuela Bailo

Brescia, 25 agosto 2018 - Morta per una profonda ferita alla gola inferta con un coltello o un oggetto appuntito che le ha reciso la carotide. La procura e i carabinieri sono sicuri: Manuela Bailo è stata uccisa così. Nessuna scivolata fatale sulle scale in casa durante una lite, nessun incidente come aveva raccontato Fabrizio Pasini, l’ex sindacalista Uil, 48 anni, sposato e padre di due figli adolescenti, ora in carcere per omicidio volontario e occultamento di cadavere. La frattura in cima al cranio riscontrata alla 35enne di Nave non può avere determinato il decesso, subentrato per una «condotta ulteriore» di Pasini. La cui versione è «irrealistica», sentenzia il gip nella convalida del fermo. 

L'autopsia è complicata dal cattivo stato di conservazione del corpo, rimasto tre settimane in una vasca vuota per liquami in una cascina sperduta di Azzanello, nel Cremonese, in un sacco dell’immondizia. L’esito non è definitivo. Ma chi indaga è convinto di dover trovare un’arma bianca – sul Suv Mitsubishi l’uomo ha ammesso di avere due coltelli, uno da campeggio e uno appartenuto al padre, deceduto, ora al vaglio - e forse un corpo contundente usato per tramortire la vittima. «La gola è scarnificata, non è dimostrabile il taglio – stigmatizza l’avvocato Pierpaolo Pettenadu -. E Pasini nega questa ricostruzione». Il collega con cui Manuela aveva intrecciato una relazione – per lui finita da un anno, «siamo solo amici» – alla ex amante ha trovato una tomba tra i campi di mais, dove andava sempre con gli amici del soft air. Quando la sera del 19 agosto ha trovato i carabinieri sulla porta a Ospitaletto, lui sull’auto carica di bagagli di ritorno da Alghero con moglie e figli, aveva la sorte segnata. Manuela era sparita il 28 luglio. 

Subito sentito come persona informata dei fatti, il 48enne aveva negato di sapere alcunché. Ma gli investigatori lo hanno inchiodato a una raffica di evidenze ottenute incrociando dati di celle e telecamere. Quella sera c’era in ballo un appuntamento. Alle 19,18 i due sono in città, inquadrati sul Suv di Pasini. Un aperitivo, e la coppia raggiunge Ospitaletto, a casa della madre di lui, vuota. Sono avvistati di nuovo dagli occhi elettronici all’1,56 del 29 luglio mentre escono e si recano al prontosoccorso del Civile. L’uomo ha una costola incrinata. «Sono inciampato in un tappeto», dirà. Ma non si sa se è vero. Alle 3,57 rientrano nella stessa casa e l’omicidio si compie tra le 4 e le 6. A quell’ora un fotogramma immortala Pasini che lascia l’appartamento. E’ a torso nudo. Sta salendo in macchina per tornare dalla moglie. «Ci ha raccontato di essere in stato confusionale, in realtà appare tranquillo - evidenzia il pm Francesco Carlo Milanesi – La sua versione non sta in piedi: non abbiamo trovato sangue dove avrebbe dovuto esserci (sulle scale, ndr) e molto altrove». Le prove con il Luminol infatti hanno «acceso» tracce consistenti tra il garage e il bagnetto dell’interrato. «L’ho spinta dalle scale per una lite stupida, lei se l’è presa perché avevo un tatuaggio con le iniziali dei figli e non uno nostro» era la sua confessione, ribadita dal carcere. Gli investigatori si sono fatti condurre nella cascina Bramano ma sapevano già dov’era il corpo. L’hobby del soft air ha tradito l’autore dell’occultamento, collocato il 30 luglio poco dopo le 11,35, quando il cellulare di Pasini ha agganciato la cella di Genivolta, nel Cremonese. Con sé aveva il telefono di Manuela. L’1 agosto l’ex sindacalista è tornato laggiù per un sopralluogo. Il giorno seguente è partito per le ferie. Per il procuratore Tommaso Buonanno ha mostrato una «lucidità mentale» che lo ha sconfessato del tutto.