Lavoro in Svizzera, le imprese cercano manodopera: altra chiamata per i frontalieri

Nel primo trimestre 78.230 i pendolari che hanno varcato il confine, il 4% in più in un anno. Numeri destinati a salire: un’azienda su 4 nel Canton Ticino fatica a soddisfare la domanda

Operai al lavoro (Imagoeconomica)

Operai al lavoro (Imagoeconomica)

La crisi della manodopera non è solo un problema italiano. In Svizzera la situazione è anche peggiore, ma a correre in soccorso delle imprese elvetiche ci pensano i lavoratori italiani attirati fin qui dalla busta paga sensibilmente più alte. Un trend inarrestabile quello dei frontalieri che anche nel primo trimestre del 2023 sono ulteriormente aumentati in Canton Ticino, la Svizzera italiana, toccando quota 78.230 unità: lo 0,6% in più rispetto alla fine del 2022 e addirittura il 4% in più rispetto al dato registrato alla fine di marzo dell’anno scorso. Il loro numero è destinato a aumentare ulteriormente nel corso del 2023 se verrà confermato il risultato di uno studio condotto dalla banca UBS che ha fotografato la carenza cronica di forza lavoro in Svizzera che si traduce in un sovraccarico degli occupati, con gravi conseguenze in termine di benessere di operai e impiegati per non parlare del freno per l’economia elvetica.

Dal sondaggio che ha coinvolto 2.500 aziende, grandi e piccole operanti nei diversi settori dell’economia, emerge la penuria pressoché generalizzata di manodopera. Solo un quarto delle imprese intervistate afferma di riuscire a colmare senza problemi le posizioni vacanti, un altro 22% riesce a reclutare personale solo scendendo a compromessi sul livello di qualificazione richiesto. Più della delle imprese lamenta la difficoltà o l’impossibilità di occupare i posti. Si fa fatica a reclutare manager e medici, ma anche artigiani e tecnici specializzati e anche per le posizioni che non richiedono particolari qualifiche solo il 40% delle aziende intervistate afferma di non aver problemi nel reclutare il personale. Per un terzo degli intervistati invece trovare i sostituti di chi se ne va in pensione è un problema molto serio e alle volte non trova soluzioni.

A livello settoriale, la scarsità di lavoratori rappresenta un problema in tutti i rami. La carenza maggiore viene però avvertita nell’edilizia e nella ristorazione. Il problema del ricambio generazionale rischia di mettere in ginocchio soprattutto le piccole e medie imprese dove i due terzi degli intervistati ha ammesso di fare molta fatica a trovare lavoratori. Secondo gli esperti di UBS se la penuria di manodopera dovesse proseguire il sovraccarico di lavoro per i dipendenti attuali potrebbe avere costi pesanti, sia per lo stesso personale che per le imprese, ma anche per l’intera economia svizzera. Un sovraccarico dei lavoratori per un periodo prolungato non è sostenibile nemmeno dal punto di vista economico: le imprese dovranno iniziare a pensare a come modificare la loro offerta se la carenza di forza lavoro dovesse perdurare.

Le società interrogate ritengono che la carenza di forza lavoro potrebbe addirittura aggravarsi: quasi il 40% delle Pmi si aspetta un peggioramento del problema nei prossimi 5-10 anni, mentre solo il 16% crede in una sua parziale soluzione. Tra le grandi aziende è addirittura il 53% a temere un peggioramento. Per ora le uniche soluzioni sul tavolo sono il ricorso a incentivi, soprattutto salariali, per trattenere al lavoro gli impiegati più anziani che potrebbero andarsene in pensione e gli incentivi offerti ai lavoratori part-time per spingerli ad accettare il tempo pieno. Poi ci sono i frontalieri e i lavoratori stranieri ai quali il 15% delle aziende pensa di ricorrere per rimediare alla carenza strutturale di manodopera. Già nei settori della ristorazione e dell’edilizia sono la stragrande maggioranza e in futuro sembrano destinati a sostituire, quasi completamente, i lavoratori svizzeri.